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Bioetica

Difesa dell’embrione, un dovere morale

Il presidente del Movimento per la vita Carlo Casini commenta il Rapporto sull'attuazione della legge 40 in materia di procreazione medicalmente assistita a tre anni dal varo�

Luigi CRIMELLA Redazione

22 Aprile 2009

«Prima della modifica da parte della Corte Costituzionale, la legge 40 rappresenta il massimo di conciliazione possibile nel tentativo di superare da un lato le difficoltà a concepire e dall’altro a tutelare comunque la vita del concepito. Ci opporremo a ogni tentativo di allargare le maglie della legge, perché per noi vale sempre il comandamento del “non uccidere” e gli embrioni sono esseri umani allo stadio iniziale»: lo dice il presidente del Movimento per la vita italiano Carlo Casini, a commento del “2° Rapporto sullo stato di attuazione della legge 40/2004” sulle norme in materia di procreazione medicalmente assistita.
«La sentenza della Corte Costituzionale ha tolto il limite dei tre embrioni. Allora ci chiediamo: che si fa di quelli non utilizzati?». Casini aggiunge che «la legge 40 è stata sottoposta a un referendum popolare che ha avuto risultati plebiscitari, sancendo che soltanto il 20% dei cittadini era per la sua abrogazione, mentre la grande maggioranza la difendeva. Noi ribadiamo che l’embrione è vita umana a pieno titolo ed esiste quindi il dovere morale di difenderlo e tutelarlo, indipendentemente da come è stato procreato».
«La vita del concepito in provetta è in grave pericolo anche quando esso viene destinato alla nascita mediante trasferimento in utero: soltanto 1 su 10 arriva al parto e l’ombra di morte si estende quando vengono trasferiti embrioni scongelati. In questo ultimo caso solo un concepito su 20 giunge al parto”: così Casini entra nel merito dell’attuazione della legge 40. «Nel triennio 2005-2007, su 196.399 embrioni trasferiti, ha potuto essere provata la nascita di solo 16.185 bambini». Casini sottolinea anche che «l’effetto più benefico della legge è stato quello di aver evitato nel solo triennio 2005-2006-2007 la possibile formazione soprannumeraria e la conseguente possibile distruzione, diretta o per congelamento, di altri 120 mila embrioni». Nel periodo 2003-2007 sono comunque stati 5.349 gli embrioni morti per effetto dello scongelamento.
«Il rispetto dei limiti posti a tutela del diritto alla vita hanno meglio garantito la salute della donna e non hanno diminuito la percentuale del successo», considera ancora Casini, che precisa: «Sono diminuite le sindromi da iper-ovulazione (0,44% nel 2007 contro l’1,02% della media europea), perché una pluralità di stimolazioni dolci è meno pericolosa delle stimolazioni severe, possibili quando non sia posto un limite alla generazione di embrioni e quindi al prelievo di ovociti». Risultati desunti dal confronto con i dati di altri Paesi europei: «La probabilità che una donna richiedente la procreazione medicalmente assistita debba più volte sottoporsi a trattamento iper-ovulatorio e prelievo è andata calando, passando dal 30,5% dei cicli e dal 14,3% dei prelievi del 2003 al 20,6% dei cicli e al 7% dei prelievi nel 2007, in netta controtendenza con quanto accade nella inseminazione semplice, dove la stimolazione plurima è andata crescendo (29,4% nel 2005 – 34,7% nel 2007)».
Casini quindi evidenzia come dai dati del Rapporto emerga che «l’aspettativa di avere un figlio per una coppia nella quale è presente una donna di età superiore ai 35 anni è ridotta del 50% rispetto alle coppie nelle quali le donne hanno una età inferiore». Perciò, ha concluso, «non è giusto valutare insufficienti i risultati della procreazione medicalmente assistita in Italia perché inferiori a quelli di alcuni Paesi stranieri, senza tener conto delle differenze di età. L’Italia detiene il primato delle donne ultratrentacinquenni che ricorrono a tali tecniche». «Prima della modifica da parte della Corte Costituzionale, la legge 40 rappresenta il massimo di conciliazione possibile nel tentativo di superare da un lato le difficoltà a concepire e dall’altro a tutelare comunque la vita del concepito. Ci opporremo a ogni tentativo di allargare le maglie della legge, perché per noi vale sempre il comandamento del “non uccidere” e gli embrioni sono esseri umani allo stadio iniziale»: lo dice il presidente del Movimento per la vita italiano Carlo Casini, a commento del “2° Rapporto sullo stato di attuazione della legge 40/2004” sulle norme in materia di procreazione medicalmente assistita.«La sentenza della Corte Costituzionale ha tolto il limite dei tre embrioni. Allora ci chiediamo: che si fa di quelli non utilizzati?». Casini aggiunge che «la legge 40 è stata sottoposta a un referendum popolare che ha avuto risultati plebiscitari, sancendo che soltanto il 20% dei cittadini era per la sua abrogazione, mentre la grande maggioranza la difendeva. Noi ribadiamo che l’embrione è vita umana a pieno titolo ed esiste quindi il dovere morale di difenderlo e tutelarlo, indipendentemente da come è stato procreato».«La vita del concepito in provetta è in grave pericolo anche quando esso viene destinato alla nascita mediante trasferimento in utero: soltanto 1 su 10 arriva al parto e l’ombra di morte si estende quando vengono trasferiti embrioni scongelati. In questo ultimo caso solo un concepito su 20 giunge al parto”: così Casini entra nel merito dell’attuazione della legge 40. «Nel triennio 2005-2007, su 196.399 embrioni trasferiti, ha potuto essere provata la nascita di solo 16.185 bambini». Casini sottolinea anche che «l’effetto più benefico della legge è stato quello di aver evitato nel solo triennio 2005-2006-2007 la possibile formazione soprannumeraria e la conseguente possibile distruzione, diretta o per congelamento, di altri 120 mila embrioni». Nel periodo 2003-2007 sono comunque stati 5.349 gli embrioni morti per effetto dello scongelamento.«Il rispetto dei limiti posti a tutela del diritto alla vita hanno meglio garantito la salute della donna e non hanno diminuito la percentuale del successo», considera ancora Casini, che precisa: «Sono diminuite le sindromi da iper-ovulazione (0,44% nel 2007 contro l’1,02% della media europea), perché una pluralità di stimolazioni dolci è meno pericolosa delle stimolazioni severe, possibili quando non sia posto un limite alla generazione di embrioni e quindi al prelievo di ovociti». Risultati desunti dal confronto con i dati di altri Paesi europei: «La probabilità che una donna richiedente la procreazione medicalmente assistita debba più volte sottoporsi a trattamento iper-ovulatorio e prelievo è andata calando, passando dal 30,5% dei cicli e dal 14,3% dei prelievi del 2003 al 20,6% dei cicli e al 7% dei prelievi nel 2007, in netta controtendenza con quanto accade nella inseminazione semplice, dove la stimolazione plurima è andata crescendo (29,4% nel 2005 – 34,7% nel 2007)».Casini quindi evidenzia come dai dati del Rapporto emerga che «l’aspettativa di avere un figlio per una coppia nella quale è presente una donna di età superiore ai 35 anni è ridotta del 50% rispetto alle coppie nelle quali le donne hanno una età inferiore». Perciò, ha concluso, «non è giusto valutare insufficienti i risultati della procreazione medicalmente assistita in Italia perché inferiori a quelli di alcuni Paesi stranieri, senza tener conto delle differenze di età. L’Italia detiene il primato delle donne ultratrentacinquenni che ricorrono a tali tecniche».