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No alle armi, sì alla politica

L'Unione Europea dal vertice a Bruxelles sul conflitto russo-georgiano al viaggio dell'8 settembre di Sarkozy a Mosca

3 Settembre 2008

04/09/2008

Volti soddisfatti, altri molto meno. Affermazioni sulla «unità di intenti», preoccupazioni confermate per il quadro geopolitico nella regione del Caucaso, previsioni di spesa per portare aiuti umanitari e per la ricostruzione delle aree colpite dalla guerra. Il vertice straordinario dell’Ue del 1° settembre, dedicato al conflitto russo-georgiano, ha stabilito le prossime mosse dei 27, che puntano a ristabilire un quadro pacificato nel rispetto del diritto internazionale.

Alla fine del breve summit di Bruxelles (forse fin troppo per un problema tanto complesso), il presidente di turno del Consiglio Ue, il francese Nicholas Sarkozy, ha spiegato che «non si è trattato di un incontro anti-russo», nonostante la «ferma condanna» per il riconoscimento da parte di Mosca della volontà separatista di Ossezia del Sud e di Abkhazia e più ancora per la pesante azione militare decisa da Vladimir Putin e Dmitry Medvedev.

Al termine della discussione, i capi di Stato e di governo degli Stati membri hanno evitato di imporre sanzioni contro la Russia, hanno deciso di sospendere simbolicamente i negoziati per il nuovo accordo di partenariato economico, mentre hanno confermato la data del prossimo vertice bilaterale, già fissato per il 14 novembre a Nizza.

Lunedì 8 settembre lo stesso Sarkozy si recherà a Mosca, accompagnato dal presidente della Commissione José Manuel Barroso, per verificare la disponibilità della Russia ad applicare interamente l’accordo in sei punti del 12 agosto per la cessazione delle operazioni militari.

La linea prevalsa è stata proprio quella dettata da Sarkozy, intesa a perseguire fino in fondo la via della politica rispetto a quella delle armi, a portare aiuto alle popolazioni vittime del conflitto, a evitare che le tensioni si estendano ad altri Paesi (Ucraina, Moldova e varie repubbliche ex sovietiche). Tra gli obiettivi, quello delle buone relazioni con la Russia, strategico fornitore di fonti energetiche per molta parte dell’Ue. Con la presidenza francese si sono schierati tutti i principali Paesi comunitari, mentre Regno Unito, Polonia, Repubbliche baltiche e Paesi dell’Est europeo avrebbero voluto una posizione più determinata.

Secondo Bernard Kouchner, ministro degli Esteri francese, «l’unità dell’Europa ha prevalso». L’Ue «ritiene inaccettabili le azioni militari e sottolinea il carattere sproporzionato della reazione russa, condanna il riconoscimento delle regioni separatiste» e «ricorda il dovere di garantire l’integrità della Georgia». Il capo della diplomazia parigina ha esplicitato quindi «la volontà di organizzare una conferenza internazionale, con la partecipazione dell’Onu e di altri partner, per agevolare progressi nei negoziati».

Benita Ferrero-Waldner, commissaria Ue alle relazioni esterne, ha spiegato invece gli interventi concreti realizzati e programmati dall’Unione europea in Georgia: «La Commissione ha messo a disposizione 6 milioni di euro per portare i primi aiuti alle persone colpite dalla guerra. A essi si devono aggiungere 9 milioni stanziati dai Paesi aderenti». L’Ue «è così riuscita a coprire le necessità più urgenti». Ferrero-Waldner ha quantificato in «110 milioni di euro il costo totale per i futuri interventi per aiuti e ricostruzione».

Subito dopo il vertice, anche il Parlamento europeo, riunito in plenaria nella capitale belga, ha affrontato la questione caucasica. Molteplici le posizioni emerse in emiciclo, benché tutte siano partite da una decisa condanna di Mosca, senza trascurare critiche a Tbilisi.

Il popolare francese Joseph Daul ha ad esempio affermato che la Russia «deve rispettare l’integrità territoriale degli altri Stati»: pertanto il riconoscimento delle regioni separatiste di Ossezia e Abkhazia «viola il diritto internazionale». Per il socialista austriaco Hannes Swoboda «nulla giustifica l’intervento russo, espressione di un comportamento imperialista». Il liberaldemocratico inglese Graham Watson ha sostenuto che «ècorretto condannare la reazione russa, ma non si deve chiudere in un angolo l’orso russo».

Konrad Szymanski, polacco iscritto al gruppo Europa delle nazioni, ha puntualizzato: «La Russia deve capire cos’è l’isolamento politico ed economico, altrimenti si sentirà autorizzata ad agire come meglio crede». Il verde Daniel Cohn-Bendit ha lanciato invece un appello «a estirpare dalla regione del Caucaso il nazionalismo che porta alla guerra».