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Europa, il Trattato necessario

È necessario evitare soluzioni di ripiego in vista delle elezioni in programma nel 2009

30 Ottobre 2008

30/10/2008

di Gianni BORSA

C’è un punto sul quale i vertici comunitari si dichiarano d’accordo: il Trattato di Lisbona è necessario per rafforzare le istituzioni e per rendere efficace l’azione dell’Ue. Nelle scorse settimane si sono pronunciati in tal senso il presidente di turno del Consiglio, Nicolas Sarkozy, quello dell’Europarlamento, Hans-Gert Poettering, e quello della Commissione, José Manuel Barroso. Una convergenza che può contare sul sostegno esplicito dell’Assemblea di Strasburgo e del collegio dei commissari. Uguale appoggio viene da molti dei capi di Stato e di Governo dei Paesi membri.

Certo, gli scettici non mancano: per esempio in Polonia il presidente Lech Kaczyński sta ritardando la controfirma della ratifica cui ha già provveduto il Parlamento. Le perplessità sono palpabili in altre nazioni, fra cui la Repubblica ceca, prossima presidente di turno Ue, ma esse non dovrebbero costituire un reale ostacolo. Il vero problema è quello di convincere i cittadini e i governanti irlandesi che del Trattato c’è urgente bisogno e che il “no” del referendum di giugno sta di fatto intralciando il cammino dell’Unione.

Questo almeno sul piano istituzionale. Perché, pressata dalla crisi finanziaria ed economica, l’Ue ha ugualmente mostrato la volontà di reagire in maniera coordinata: gli esiti del summit di metà ottobre ne sono una conferma. Tornando al piano istituzionale, invece, la medesima riunione di ottobre ha rimandato ogni decisione al prossimo summit di dicembre.

In questi giorni le diplomazie sono dunque al lavoro per far quadrare il cerchio del Trattato di Lisbona. Probabilmente il miglior risultato che Sarkozy spera di ottenere è la definizione di un calendario per l’entrata in vigore del Trattato nel 2010. Facendo magari precedere le elezioni dell’Europarlamento con l’ennesima dichiarazione “solenne” dei 27, indirizzata ai cittadini, con la quale si impegnerebbero a dotare l’Unione europea di un quadro istituzionale certo e promettendo di nuovo una “Europa dei risultati”, invitando gli elettori a recarsi alle urne per la scelta degli eurodeputati.

Si tratta di un’ipotesi allo studio, che però non risolve le questioni più importanti: fino all’entrata in vigore di Lisbona ci si dovrebbe infatti affidare al Trattato di Nizza, che tutti giudicano superato; l’Ue non sarebbe dotata di una “presidenza stabile”, che tutti invocano, mentre sarebbe imbrigliata dal potere di veto che spesso paralizza il Consiglio; si dovrebbe poi procedere a una “proroga” dell’attuale Commissione, in scadenza nell’autunno 2009.

L’Europa non è nuova a escamotage di questo tipo che talvolta hanno aiutato a superare situazioni di stallo ben più gravi. Ma forzando l’acquis comunitario (ossia la piattaforma comune di diritti e obblighi che vincolano gli Stati membri nel contesto dell’Ue) si profilano soluzioni di ripiego, mentre oggi l’Europa necessita di regole e di politiche di lungo respiro e di alto profilo.