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Al voto tra intese e divorzi

A cinquanta giorni dalle elezioni si delineano gli schieramenti. Il Pd si accorda con Di Pietro e Radicali, ma perde De Mita. Mastella e Storace fuori dal Pdl, che ha incassato il rifiuto di Casini e Ferrara. Alleanza tra Udc, Udeur e Rosa Bianca?

5 Giugno 2008

22/02/2008

di Antonio AIRÒ

Elezioni politiche. Elezioni regionali in Sicilia. Elezioni amministrative in decine di Comuni, tra i quali Roma e Catania. Quello del 13-14 aprile è un maxi-appuntamento. I partiti sono quindi in movimento. Ma mentre due anni fa il sistema elettorale aveva prodotto una moltiplicazione di partiti e partitini (Prodi è stato la vittima sacrificale di questa situazione), anche se il porcellum non è stato modificato, le elezioni hanno suscitato un movimento “centripeto”, con un bipartitismo di fatto fondato sul Partito Democratico di Veltroni e sul Popolo delle Libertà di Berlusconi.

Bisogna riconoscere che il Pd è stato il più deciso nel presentarsi con un progetto proprio, lista unica, candidati unici. Di qui la scelta di Veltroni da correre da solo (pur sapendo dei rischi legati all’attuale legge elettorale) e di “rompere” l’alleanza con la Sinistra radicale. Questa decisione ha obbligato Rifondazione, i Comunisti italiani, i Verdi e la sinistra di Mussi a mettersi insieme nella lista “Arcobaleno”, che candida alla guida del Paese Bertinotti.

La decisione del Partito Democratico ha avuto una sola eccezione: l’alleanza politico-programmatica con l’Italia dei Valori di Di Pietro. Questi si è però impegnato a far confluire dopo il voto i suoi eletti nel gruppo parlamentare del Pd, avviando il processo di scioglimento del suo partito. Èuna intesa giustificata dall’attuale legge elettorale, ma che solleva qualche interrogativo, a cominciare dalle indicazioni solitarie di Di Pietro sulla riforma del sistema radiotelevisivo.

I Radicali, invece, hanno accettato di rinunciare al simbolo inserendo alcuni loro esponenti nelle liste unitarie del Pd. La decisione di Veltroni di rinnovare le liste e di escludere parlamentari con più legislature alle spalle ha suscitato la reazione di Ciriaco De Mita, che si è dimesso dal partito.

Anche Berlusconi, con il Popolo delle Libertà, ha scelto la strada del programma unico e della lista unica, sciogliendo Forza Italia e lanciando i suoi ami ai vari alleati. Se è vero che da tempo il Cavaliere inseguiva il progetto di un partito conservatore, più spostato sulla destra che sul centro, questo progetto è però stato calato dall’alto senza alcun dibattito. Ma ha trovato l’adesione pronta e interessata di Fini, di ex democristiani, socialisti, repubblicani e di qualche esponente politico in cerca di collocazione, come Dini.

La Lega entra nel disegno di Berlusconi, ma è “confinata” a partito regionale, che non mette in alcun modo in dubbio la leadership politica e il ruolo di premier dell’ex presidente del Consiglio. Il Pdl ha escluso dalla sua orbita (anche se non è detta l’ultima parola) la Destra di Storace, che correrà da sola indicando come candidata presidente del Consiglio Daniela Santanchè.

Ma Casini si è rifiutato di farsi assorbire dal Cavaliere e di liquidare l’identità e anche le ambizioni dell’Udc. E l’indicazione di Casini a premier di un partito che non si considera in vendita, con seguito di asprezze e accuse reciproche, mostra che il leader dell’Udc vuole interpretare presso gli elettori un riformismo centrista e moderato che ben poco ha a che vedere con le scelte del Cavaliere. È quindi un dissenso politico vero e proprio.

Ma lo scenario elettorale riguarda anche i cattolici della Rosa Bianca di Pezzotta e Tabacci (indicato come leader per il Governo). Quest’ultima formazione, alla quale potrebbe aderire anche De Mita, vuole rompere questo bipartitismo sostanziale. Anche l’Udeur, a meno di accordi con Berlusconi (come intende fare il movimento autonomista del siciliano Lombardo, che aspira alla presidenza di quella Regione), insegue un disegno centrista. Da solo o con chi ci sta. Infine Giuliano Ferrara intende presentarsi con la sua lista per la moratoria dell’aborto. Ma non entrerebbe nella costellazione di Berlusconi.

Questa la situazione a cinquanta giorni dal voto. Può darsi che Udc, Rosa Bianca e Udeur trovino una qualche intesa. Il sistema elettorale è quello che è e lo sbarramento al 4% per chi va da solo è un handicap non da poco. Per ora un’alleanza tra partiti di ispirazione cristiana è ancora un’ipotesi con pro e contro. Non resta che attendere i prossimi giorni per verificare ambizioni e disponibilità.