Guelfo Zamboni, console italiano a Salonnico durante l’ultima fase della seconda guerra mondiale, ha salvato la vita a 281 ebrei, falsificandone i documenti.
Come lo Schindler della celebre “lista”, come Perlasca, anche Zamboni si espone al rischio, pur di arginare l’orrore: nel suo caso, la deportazione – avviata dai nazisti a cavallo tra la primavera e l’estate del 1943 – di oltre 50mila persone dalla città, l’antica Tessalonica, chiamata anche «Gerusalemme dei Balcani» per la forte componente ebraica.
Zamboni, eroe tanto luminoso quanto sinora sconosciuto in Italia, è il protagonista dell’ultimo romanzo di Luigi Ballerini, Hanna non chiude mai gli occhi (San Paolo).
Accanto al console (sul quale l’autore ha condotto una ricerca accurata, consultando testi originali e spingendosi sino in Grecia per documentarsi al meglio), si muovono due figure di ragazzi, entrambe frutti della fantasia dell’autore, ma ispirate a personaggi realmente esistiti: Ester Saporta, l’Hanna che dà il titolo al romanzo, e Alberto Modiano, suo coetaneo e amico, che nel libro diventa Yosef, alunni della scuola media “Umberto I” della città greca.
L’orrore della Shoa, accanto alla tensione indomita verso il futuro, la speranza nonostante tutto, la capacità di mettersi in gioco in nome della comune umanità: questi i temi al centro del libro, un romanzo per ragazzi – uscito contemporaneamente in Italia da San Paolo e in Grecia per l’editore Patakis – che cattura e interpella anche gli adulti.
52 anni, originario di Sarzana (ma da anni vive a Milano, con la moglie e i quattro figli), Luigi Ballerini è medico e psicanalista, nonché editorialista di Avvenire. Alla letteratura per ragazzi è approdato una decina di anni fa. Nel 2014 ha vinto il premio Andersen per il miglior libro per bambini.