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Storia

Il coraggio di Eugenio Villoresi, “l’ingegnere di Dio”

Un nuovo romanzo svela oggi la vera vicenda dell'uomo che, all'indomani dell'Unità d'Italia, progettò il grande canale per irrigare le campagne lombarde, lottando contro i potenti del tempo

di Giovanni CONTE

30 Dicembre 2024
Il monumento a Villoresi, appena restaurato, a Milano

Una storia di duchi e contessine, di «buzzurri», eretici, prelati, assassini, di grandi ricchezze, povertà e tesori nascosti. È la vicenda di Eugenio Villoresi, ligio ai precetti di san Paolo – e per questo chiamato «l’ingegnere di Dio» – e del «suo» canale osteggiato dai poteri forti, ma provvidenziale per i contadini della pianura Padana.

A 140 anni da quei fatti, ne parla oggi il romanzo Il mormorio del mare (Minerva Edizioni), che svela la vera storia di Eugenio Villoresi, l’ingegnere visionario che portò il mare in Lombardia: il sogno dell’uomo che, nell’Ottocento, progettò uno dei due canali d’irrigazione più innovativi e monumentali d’Italia e che, seppure osteggiato dalle alte sfere, ancora oggi è ricordato per aver salvato le terre lombarde dalla siccità.

Eugenio Villoresi nasce a Monza il 13 febbraio 1810, secondogenito di otto figli. Il padre Luigi è il direttore dei Giardini reali di Monza realizzati per Eugène de Beauharnais, viceré d’Italia. Ma quando la Lombardia viene annessa all’Impero austro-ungarico, cade in disgrazia e muore assassinato nel 1823.

Alla famiglia viene confiscata la casa e assegnata una misera rendita. Vanno a vivere in una cascina, tra i contadini che li aiutano nei momenti più duri. Impossibilitata a far proseguire gli studi di tutti i figli, Maria Teresa, sorretta dalla fede cristiana che ha trasmesso a tutti loro, sorteggia i nomi dei due che proseguiranno gli studi, mentre gli altri andranno in seminario.

Eugenio si laurea in matematica all’Università di Pavia e diventa ingegnere. Dopo il suo primo progetto di irrigazione per un’azienda agricola di Abbiategrasso, accarezza l’idea di aiutare i contadini che combattono con la siccità dei terreni. Così immagina un sistema di canali che prendano l’acqua dai laghi di cui la Lombardia è ricca. Il progetto è del 1862, ma gli scavi cominciano solo nel gennaio del 1882 dopo vent’anni durante i quali Villoresi subisce l’ostracismo dell’aristocrazia terriera lombarda e quello dei poteri romani a cui essa era legata. Addirittura viene accusato ingiustamente di volerne trarre un beneficio personale.

Tra mille ostacoli, alla fine l’ingegnere trova le autorizzazioni e i fondi necessari per portare a termine il progetto, ma si spegne a Milano il 12 novembre del 1879, senza riuscire a vedere la conclusione della sua opera. Sarà il figlio Luigi, cresciuto con gli stessi valori del padre, a portare a termine l’opera che fu inaugurata nel 1884 alla diga di Panperduto, in località Maddalena, a Somma Lombardo, dove il lago Maggiore diventa fiume Ticino. Alla cerimonia di inaugurazione brilla l’assenza del governo di Roma e dei Savoia mentre sono presenti personalità come lo storico Cesare Cantù, l’abate geologo Antonio Stoppani e una rappresentanza dell’arcivescovo di Milano.

L’ultimo tratto verrà inaugurato nel 1888 (con le reti secondarie nel 1892) e irriga un bacino di 85.000 ettari attraverso 120 bocche e rami secondari, estesi per circa 130 km, che diventano 1400 se si considerano anche i canali di terza grandezza. Insomma una rete inestricabile di rami d’acqua in tutta la Lombardia che sarà poi definita dal ministro delle Finanze Quintino Sella opera «grandiosa e utilissima».

Scritto da Valerio Villoresi, dottore commercialista con una forte passione per l’arte e la cultura (che coltiva con senso del mecenatismo, continuando così la tradizione di famiglia), il romanzo Il mormorio del mare combina magistralmente realismo storico e narrazione coinvolgente, esplorando le dinamiche sociali e politiche dell’epoca con un’attenzione particolare ai dettagli storici.

La storia di Eugenio Villoresi è un racconto di coraggio, che offre un ritratto affascinante del cambiamento epocale che vede la borghesia emergere come nuova classe dirigente.