E finalmente tornammo a rivedere la facciata del Duomo di Monza. Sei anni sono durati i lavori di restauro, ma il risultato lascia letteralmente a bocca aperta: una meraviglia, una sorpresa, ma soprattutto un grande dono per i monzesi e per tutti. Da godere e ammirare in special modo in questi giorni, alla vigilia, per il capoluogo brianzolo, della festa patronale di san Giovanni Battista.
Il complesso intervento ha visto l’impiego di tecniche sperimentali e all’avanguardia, che hanno ripulito, consolidato e integrato ogni parte della facciata della basilica, e che dovrebbero garantirne la migliore conservazione, anche per le generazioni future. Il tutto a fronte di un impegno economico rilevante, supportato in primo luogo dalla parrocchia del Duomo e dalla comunità monzese, ma anche da singoli donatori e da sponsor istituzionali.
Certo, sappiamo che l’aspetto attuale della facciata del tempio monzese si deve in parte alla «visione» di Luca Beltrami, che sul finire dell’Ottocento, secondo la sensibilità dell’epoca, attuò una sorta di «ricostruzione», con significative integrazioni (lo stesso fece, ad esempio, nel «recupero» del Castello Sforzesco a Milano): ben diversamente da come opera la moderna dottrina del restauro (e come, appunto, si è fatto nell’intervento appena concluso), che mira a preservare gli elementi originali, senza aggiunte arbitrarie o «in stile». Resta il fatto che il colpo d’occhio, oggi, è emozionante e di grande impatto.
Lo storiografo Paolo Diacono racconta che la basilica venne fondata alla fine del VI secolo da Teodolinda, come cappella del palazzo reale. La dedicazione al Precursore è assai significativa e, al di là delle suggestive leggende, testimonia il passaggio dei longobardi dall’arianesimo al cattolicesimo: un «battesimo di conversione» favorito proprio dalla regina, in seguito ai suoi stretti rapporti con papa Gregorio Magno e la corte pontificia.
Di questa prima fase sopravvivono rari materiali. Ma, quale sontuosa testimonianza di quel periodo, è giunto fino a noi il prezioso Tesoro (più volte sottratto e restituito), costituito dalle suppellettili liturgiche offerte da Teodolinda (che riposa nella basilica stessa) e da altre opere di oreficeria donate da illustri personaggi nel corso dei secoli. Senza dimenticare l’eccezionale reliquia del Santo Chiodo della Croce di Cristo, incastonata nella celebre «corona ferrea» utilizzata per consacrare i re d’Italia.
La grande lunetta posta sull’ingresso del Duomo è una sintesi per immagini di questa tradizione: si vede infatti, nella parte inferiore, la scena del battesimo di Gesù con, ai margini, le figure di Pietro e Paolo (simboli della Chiesa apostolica e romana) e quelle, meno immediatamente identificabili, di Elisabetta (madre di san Giovanni) e Isaia (che aveva profetizzato la venuta del Precursore); mentre in alto c’è Teodolinda stessa, accompagnata dal marito Agilulfo e dai due figli, che omaggia al Battista gli oggetti più rappresentativi del Tesoro (compresa la «mitica» chioccia con i pulcini!).
Questi espressivi rilievi scultorei sono probabilmente della prima metà del XIV secolo e testimoniano una fase di grande trasformazione della basilica di Monza che, sotto la spinta e il favore dei Visconti, si avvia a diventare il «Duomo», pur non essendo sede vescovile. Proprio nell’anno 1300, l’anno del primo Giubileo, viene posta infatti la prima pietra del nuovo tempio, destinato a diventare tra i più insigni in Lombardia.
Il vero protagonista, però, di questa impresa è Matteo da Campione, il magnus aedificator, erede e culmine dell’illustre stirpe di quegli scultori, lapicidi e architetti cresciuta nella zona ticinese dei laghi lombardi e che poi ha diffuso il proprio sapere in tutta la penisola italiana e nell’Europa intera, fra l’epoca romanica e quella gotica. Matteo riprende in mano il cantiere già avviato e lo porta a compimento, giocando sui moduli del triangolo e del quadrato, perfezionando il gioco dei contrasti (con le fasce scandite dal chiaro marmo di Musso e dalla scura arenaria), attuando alcune efficaci invenzioni scenografiche (come il notevole ampliamento della facciata a vento, rispetto alle reali dimensioni della basilica). Così bravo, il nostro Campione, da essere richiesto a Milano, per la nuova cattedrale: e tuttavia la prestigiosa consulenza non gli fece lasciare Monza e il suo Duomo, che resta il capolavoro della sua vita e dove ebbe il privilegio di essere sepolto.
Per conoscere la storia, l’arte e la vita della parrocchia della basilica di San Giovanni Battista a Monza si può visitare il sito www.duomomonza.it .