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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Storia

Suor Enrichetta Alfieri,
una donna che sperò contro ogni speranza

Nella Piccola Casa San Giuseppe sono stati presentati gli “Scritti” della Beata che fu l'"angelo" del carcere milanese di San Vittore fra il 1944 e il 1945, durante l'occupazione nazifascista.

di Silvio Mengotto

25 Novembre 2013

«Sono contento di poter presentare la raccolta degli Scritti della Beata Suor Enrichetta Alfieri, la sua Opera omnia, curata da Monsignor Ennio Apeciti, Suor Wandamaria Clerici e Suor Maria Guglielma Saibene, tre appassionati cultori della Mamma di San Vittore». Sono parole scritte il 20 maggio 2012, pochi mesi prima della sua morte, da Carlo Maria Martini per la presentazione inedita degli Scritti. Che così continuava: «Sono convinto che la lettura di questi Scritti sarà preziosa e utile, sia umanamente che spiritualmente. In essi sono compresi i temi del tempo scolastico della giovane Suora; le sue riflessioni nel periodo doloroso della malattia, dalla quale fu miracolosamente guarita; le Memorie; la sua corrispondenza, che svela in particolare la delicatezza dei suoi affetti familiari e il suo profondo amore per la Congregazione, alla quale si era data con tutto il cuore e le giovani energie. Ne emerge una donna che seppe sempre sperare e ogni giorno amare, che seppe fare dei luoghi ove è più facile disperare o condannare – come avviene quasi per antonomasia, pensando al Carcere di San Vittore – il luogo dell’amore».

Nella Piccola Casa San Giuseppe (via del Caravaggio 10, Milano) il 23 novembre scorso sono stati presentati gli “Scritti” a cura di suor Wandamaria Clerici e suor Maria Guglielma Saibane. Insieme alle relazioni delle curatrici anche quelle di Carla Bianchi Iacono, cultore di Storia Contemporanea, del regista Paolo Damosso e di Luigi Pagano, vice Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

Nella presentazione è emersa la straordinaria attualità di suor Enrichetta Alfieri. Sono quattro le peculiarità messe a fuoco dai relatori: suor Enrichettà Alfieri è una donna giusta, mite, comunicativa e profetica. «In quanto donna – dice suor Wandamaria – , avrebbe potuto sembrare un soggetto debole, ma lei non accetta questo ruolo di subalternità, e sa difendere se stessa e difendere gli altri. Non ha paura del giudizio e del pre-giudizio e affronta le difficoltà e gli ostacoli che la vita in carcere presenta. Esercita la sua libertà con grande determinazione e si assume la responsabilità di agire per il bene».

Come scrive Claudio Sartori, primo biografo di suor Enrichetta Alfieri, negli anni 1943 -1945 «Madre Enrichetta fu per tutta la Resistenza il simbolo della dignità della donna, del dovere della ribellione, della coscienza del sacrificio».

Per suor Wandamaria le parole di Sartori sono importanti. «Suor Enrichetta è una cristiana italiana, è una Suora della Carità italiana, è una staffetta partigiana; per questo, il 14 febbraio 1944, quando le Suore ritornano in Carcere, richiamate dal Comando tedesco e sollecitate dal Cardinale Schuster, Suor Enrichetta non può accettare che lei e le consorelle  della comunità religiosa siano conniventi con i nazi-fascisti.  Nelle sue ˝Memorie˝ scrive: “È vero che il Comando ci aveva richiamate per l’ordine e la disciplina… Ma noi non potevamo scindere la nostra missione di Suore della Carità e di italiane da quella unicamente di guardiane tedescofile”».

Suor Enrichetta è una donna giusta perché resiste alle brutalità dei carnefici e riesce a «costruire – continua suor Wandamaria – una rete di solidarietà, tesse relazioni fondate sulla reciproca fiducia. Ri-desta l’umanità assopita o paralizzata dal male, abbruttita dall’errore e dal vizio; ri-accende la speranza e l’amore. I detenuti sanno che di lei e delle Suore ci si può fidare, come ha testimoniato Monsignor Giovanni Barbareschi».

La mitezza di suor Enrichetta perché nella «periferia esistenziale» del carcere ha praticato il metodo della mitezza, «che non cede mai alla tentazione dell’impotenza e alla rassegnazione di fronte al male».

«Non si può restare indifferenti – precisa suor Wandamaria – quando le norme sono ingiuste e vanno a ledere la dignità delle persone. E’ una disobbediente civile ma anche per l’amore al Vangelo. Lei non resta inattiva, ma agisce sulla realtà anche nel modo in cui si pone. In una realtà negativa avrebbe potuto avere un atteggiamento depressivo o buio, invece è luminoso, un andare controcorrente. Credo che questo sia la chiave di lettura dei suoi Scritti ».

Paolo Damosso è convinto che suor Enrichetta Alfieri è una comunicatrice anche per l’oggi. «Vorrei che ci fossero persone, anche consacrate, che parlassero con questa nitidezza. Questa operazione di testi pubblicati riesce a rendere visibile quelle che sono parole senza fronzoli. Nell’ambito ecclesiale, dove opero da più di 20 anni, siamo abituati a manierismi per esprimere cose con una via non così diretta. Se si leggono le Memorie ci si accorge che suor Enrichetta racconta in modo disarmante e disarmato quello che vive».

Suor Enrichetta è donna inedita e profetica. La sua esistenza ha camminato nella direzione, tanto cara a papa Francesco, che allarga i confini della presenza della donna nella Chiesa. «Sono convinta – dice suor Wandamaria – che la donna nella Chiesa deve farsi spazio. Cercare tutte le opportunità culturali, forti, che interloquiscono con l’uomo contemporaneo. Deve farsi spazio per dire ciò che il Signore aveva come progetto nei confronti della donna, altrimenti sarà sempre schiacciata, sacrificata».

Per Paolo Damosso gli Scritti si incanalano in questa direzione «In un passo dove parla di fecondità, papa Francesco sembra pensasse a suor Enrichetta. Davvero lui ci sta parlando di una donna protagonista. Io non so cosa pensi a prospettive future. So che sottolinea tantissimo il ruolo della donna centrale nella nostra Chiesa. Una Chiesa che forse è sempre stata declinata al maschile e che lui, in un altro modo disarmante, potremmo dire comunicativo come suor Enrichetta, dice sfacciatamente: “suore, consacrate, siate feconde, date vita”. Perché la vita è un concetto che va al di là di un’espressione fisica di maternità. Ma suor Enrichetta quanti figli e figlie ha avuto a san Vittore? Questo è il messaggio di suor Enrichetta».