«Un passaggio, attraverso una scaletta, permette di scendere in alcuni locali sotterranei: si visitano solo con autorizzazione e per giustificati motivi». Così una guida alle testimonianze archeologiche di Milano di qualche anno fa toglieva al “comune” lettore qualsiasi illusione di poter accedere ai “segreti” di una delle più antiche e splendide basiliche della città, quella detta degli Apostoli o di San Nazaro Maggiore. Ma oggi quel desiderio può finalmente avverarsi: quei “misteriosi”, affascinanti, nascosti locali sotterranei del tempio santambrosiano, infatti, sono diventati accessibili a tutti. E con tutti i loro piccoli, grandi tesori.
Merito proprio della parrocchia dei Santi Apostoli che, grazie anche al sostegno e al contributo degli enti pubblici, ha promosso in questi mesi un vasto intervento di riordino e sistemazione di alcuni spazi particolarmente significativi per la storia della basilica, permettendone l’apertura al pubblico e, di conseguenza, una migliore e più approfondita conoscenza delle origini della chiesa stessa.
Chiesa che, come è noto, fu fondata dallo stesso Ambrogio lungo la principale via di accesso alla città, quella cioè che si dirigeva verso Roma, e dove il santo vescovo, nel 395, volle deporvi il corpo del martire Nazaro. Nonostante un incendio del 1075, dopo il quale la basilica venne ricostruita in veste romanica, la struttura è rimasta sostanzialmente quella tardo-romana, sia nella planimetria sia nell’alzato. L’aspetto primitivo, tuttavia, fu riscoperto e parzialmente ripristinato a partire dal 1938 grazie ai lavori di monsignor Villa, e poi ulteriormente messo in luce dalle campagne di scavo realizzate dalla Soprintendenza archeologica della Lombardia negli anni Settanta.
Uno straordinario quanto inedito percorso archeologico, insomma, è quello che da pochi giorni viene offerto, e del tutto gratuitamente, ai visitatori della basilica dei Santi Apostoli e Nazaro Maggiore. Si parte proprio da quegli “agognati” locali sotterranei dove è possibile vedere le murature originarie del IV secolo, quelle cioè che hanno permesso agli studiosi di ricostruire con chiarezza la sorprendente pianta cruciforme con esedre, con tutta probabilità ispirata direttamente da sant’Ambrogio. Qui sono esposti numerosi reperti d’età imperiale, rinvenuti durante gli scavi, per lo più in situazioni di reimpiego: si tratta di anfore, embrici, laterizi, ma anche are (la più interessante delle quali è dedicata a Ercole) e cippi di recinti funerari (con le indicazioni delle misure!). In un vano è stato collocato il piccolo sarcofago altomedievale di Matroniano (santo eremita che Ambrogio, secondo la tradizione, qui depose accanto a Nazaro), mentre in un locale adiacente si possono osservare le fondazioni della cappella di San Lino del X secolo, costituite da impressionanti sarcofagi in granito, recuperati nella circostante necropoli.
L’itinerario, infatti, prosegue nell’area archeologica esterna, dove si conservano molte testimonianze del cimitero che andò via via sviluppandosi attorno all’insigne basilica (avelli e casse in pietra), ma anche resti cospicui delle delle strutture di epoca ambrosiana e quattro antiche colonne in granito, originariamente collocate all’interno della chiesa. Da qui, in particolare, si gode una vista privilegiata sulla zona absidale, splendida testimonianza dell’architettura romanica milanese.
Spostandosi quindi sulla sinistra del presbiterio, nella vecchia sagrestia, si può accedere infine al Lapidarium, un vero e proprio museo dove ha trovato sistemazione una ricca raccolta di epigrafi (tra le più rimarchevoli, quella monumentale datata al consolato di Onorio e di Teodosio) e altri materiali di fondamentale importanza per ricostruire il progressivo diffondersi del cristianesimo nella società milanese fra IV e V secolo. Fra le opere esposte, anche un’enigmatica testa scolpita di Mercurio, un minuscolo ma eccezionale Cristo crocefisso di età ottoniana e una bella lastra medievale con calice eucaristico e tralcio di vite.
In una apposita vetrinetta, inoltre, sono raccolti i reperti provenienti dalla tomba di Arderico, che fu vescovo di Milano dal 936 al 948, in anni assai travagliati per la Chiesa ambrosiana: «Quando sei preso l’ira, ricordati di essere misericordioso», si legge ancora sul puntale del suo pastorale. Un monito che dal passato giunge con tutta la sua forza fino ai nostri giorni.