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18 novembre

San Marco a Milano, nuova luce per il Presepe del Londonio

Alla conclusione della messa delle 18.30, accompagnata per l'occasione da una piccola orchestra, verrà inaugurata la nuova illuminazione del celebre presepe, al suono di una zampogna. L'opera resterà illuminata per tutto il tempo di Avvento e di Natale.

di Dalila FORMENTINI

12 Novembre 2018

Il presepe di Francesco Londonio presente nella chiesa di San Marco è databile intorno al 1750. Eseguito dopo il ritorno a Milano dal suo viaggio a Napoli, città da cui prese ispirazione per i suoi presepi fatti di carta, materiale da lui molto amato, infatti ne possiamo trovare conferma nei diversi lavori  presenti  nella Pinacoteca di Brera.

Il presepe è situato nella settima cappella, si presenta in un piccolo palcoscenico, dove 24 personaggi quasi ad altezza naturale, sono divisi in due scene.

La prima scena raffigura la Natività proprio come noi ce la ricordiamo da piccoli, estremamente semplice e poetica proprio come le immaginette  che ci davano a Natale a scuola. Maria come tutti gli altri personaggi è vestita con abiti dimessi e guarda con stupore il suo bambino, disteso in un lettino di paglia, Giuseppe è vicino a loro, il suo mantello è logoro e vecchio, sta forse a sottolineare la sua umiltà. Si percepisce un clima di gioia e serenità, i pastori cantano e portano doni, tutto sembra rarefatto il cielo scuro le stelle luminose, gli alberi scuri e le rovine neoclassiche danno all’insieme un impronta quasi irreale di una notte magica.

La seconda scena raffigura l’Epifania ed è collocata nel proscenio, incorniciata da due bellissime colonne. Maria è elegantemente vestita e tiene in braccio suo figlio. Giuseppe è un po’ più discostato pensieroso. Vicini i re Magi sfarzosamente vestiti che portano ricchi doni, accompagnati dai loro servitori e da animali esotici, tutta la scena è molto colorata e ricca.

Le due scene, così diverse e contrapposte tra di loro, fanno pensare alla complessità del periodo storico in cui viene eseguita l’opera periodo tra l’arcadia e l’illuminismo dove nel mondo arcadico molti aristocratici amavano vestire i panni dei pastori, dei contadini, per ritrovarsi nella natura, con un desiderio  di semplicità  di autenticità quasi un gioco, sapendo poi di poter smettere in qualsiasi momento.

Il presepe presenta la firma dell’artista nella rappresentazione delle due pecorelle accucciate in primo piano. L’ opera si presenta in ottimo stato di conservazione.

È presumibile che il Londonio abbia guardato per questo lavoro alla famiglia dei Bibbiena. Famosi scenografi conosciuti in tutta Europa per le loro innovazioni in questo ambito, per l’ introduzione delle fughe prospettiche (vedi il pastore dietro la colonna). Maria Teresa d’ Austria quando vide  la capacità pittorica e scenografica del Londonio rimase talmente colpita che lo chiamò come scenografo al neonato Teatro alla Scala.

Mistero della contemplazione

Non sappiamo esattamente chi abbia avuto l’idea di commissionare a Francesco Londonio la realizzazione del presepe in una cappella della chiesa di San Marco. Ma non importa. Certe intuizioni nascono per consegnarsi subito e portare un frutto che ciascuno può prendere e gustare.
Il presepe di Londonio è semplicemente bello, attraente, in qualche modo avvolgente, come se invitasse ad entrare. Più che mettere a fuoco singoli particolari, è bello guardarlo nel suo insieme, lasciandosi catturare dall’atmosfera che sa creare, quell’atmosfera calda che ci fa tornare a respirare i profumi essenziali del Natale dove il mistero della contemplazione di Gesù appena nato è capace di riaccendere i sentimenti profondamente umani degli affetti ricevuti e donati.
Le pose dei singoli personaggi, i colori vivaci dei loro costumi, l’architettura nella quale si svolgono le scene, fanno sembrare il tutto una scena di teatro e in qualche modo ci si aspetta che inizi un movimento, che si accenda uno sguardo, che cominci un racconto. È nella mente e nel cuore di chi guarda che questo può accadere, purché lo sguardo non sia frettoloso bensì attento, calmo. Purché ci si senta cioè partecipi della scena, personaggi a nostra volta che si accostano sorpresi al miracolo della nascita del Figlio di Dio che qui è soltanto un bambino, così pienamente umano da confondersi con qualsiasi altro bambino che nasce nella povertà del mondo. Come se Dio avesse dato un appuntamento nella fragilità degli umani. 
Ma è proprio così che l’avventura dell’incarnazione del Verbo, senza clamore, ha il suo inizio.
Mons. Gianni Zappa