Sull’Altopiano di Folgaria, Paolo Fresu ha suonato “Il Silenzio” in memoria dei Caduti della prima guerra mondiale. Le note uscite dalla sua tromba hanno attraversato i luoghi della sofferenza e della morte di uomini armati gli uni contro gli altri ma anche hanno mosso i loro passi sul “Sentiero della pace” che oggi si snoda tra le antiche fortificazioni militari.
L’idea è stata dello scrittore Paolo Rumiz nell’ambito delle commemorazioni per il centenario dell’inizio di quella che papa Benedetto XV definì “l’inutile strage”. La melodia si è levata per rendere omaggio ai morti ma ancor più per ricordare ai vivi che una guerra è sempre una sconfitta. Per tutti. La storia ha sempre distinto tra vincitori e vinti ma la memoria compie un altro percorso e propone una riflessione diversa.
Anche la musica, entrando nell’anima di ogni persona, supera le distinzioni tra vittoria e sconfitta. Su quell’altipiano, come in mille altri luoghi, il suono di una tromba invita a cercare e a trovare risposte di dialogo alle tensioni che sempre accompagnano la vita delle persone e dei popoli.
C’è qualcosa di particolare da non dimenticare. “Il Silenzio” sull’Altopiano richiama le radici della melodia che sono nella storia del capitano Robert Ellicombe dell’esercito americano del Nord che rischia la propria vita per soccorrere un soldato nemico ferito nella battaglia. Attraverso i documenti che sono nell’uniforme del ragazzo il capitano Ellicombe scopre che questo giovane, ormai morente, è suo figlio.
Trasferitosi per studiare musica in una città del Sud il giovane era stato arruolato nell’esercito che combatteva contro quello a cui apparteneva il padre. Nelle tasche c’é uno spartito con delle note che diventeranno “Il Silenzio”. Quella musica accompagna i funerali del ragazzo. Poi quelli di molti altri soldati. In Italia Nini Rosso l’ha portata fuori dalle caserme e dalle cerimonie militari.
Lasciamo a chi di competenza la verifica del racconto del padre e del figlio ma il messaggio che arriva da quel suono sull’Altopiano, a cento anni dall’inizio della prima guerra mondiale, è di triste attualità e dice che la guerra, ogni guerra, è sempre un scontro sconvolgente tra fratelli, tra padri e figli, tra persone che amano la vita.
Non ci sono e non si saranno mai vinti e vincitori. Nonostante il passare del tempo, nonostante i cimiteri, i monumenti, le celebrazioni, le inutili stragi si ripetono.
Come mai non si riesce a comprendere questa verità? La tromba suona dunque invano “Il Silenzio” sull’Altopiano di Folgaria? Le vibrazioni emotive vengono presto rimosse dal vento della cronaca che continua a raccontare di morte e distruzione in molti angoli del mondo. Perfino in Europa.
Con quel suono tornano allora le parole di Benedetto XV nel messaggio del 1° agosto 1917 ai belligeranti: “Riflettete alla vostra gravissima responsabilità dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini; dalle vostre risoluzioni dipendono la quiete e la gioia di innumerevoli famiglie, la vita di migliaia di giovani, la felicità stessa dei popoli, che Voi avete l’assoluto dovere di procurare”.
Solo l’imperatore d’Austria, Carlo I d’Asburgo le comprese e le condivise. Per questo venne fatto bruscamente scendere dal trono. Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 3 ottobre 2004.
Dopo Benedetto XV tutti i pontefici hanno alzato la voce per la pace, oggi è quella di papa Francesco.
Dopo aver provocato qualche vibrazione negli ambienti politici e negli organismi internazionali, si perderanno nel vuoto dell’indifferenza o della formalità?
Alcune risposte sono, tristemente, già nella cronaca di questi giorni, non c’è bisogno di riprenderle.
Altre sono oltre i confini mediatici. Sono sull’altopiano interiore della coscienza dove nel tempo della prima guerra mondiale arrivò Carlo I d’Asburgo. Dove coloro che reggono le sorti politiche ed economiche del mondo sono attesi anche oggi.