Cosa penseranno i reduci degli assalti all’Università Cattolica negli anni 1967-68, quando proprio da largo Gemelli a Milano prese via il movimento giovanile e studentesco detto “Sessantotto”, alla notizia che la rivista “Vita e Pensiero” è giunta al 100° compleanno?
Gli allora seguaci ed emuli di Mario Capanna, che era studente di filosofia proprio alla “Cattolica” di Milano e in seguito leader della sinistra estrema, forse con gli assalti alla sede milanese non volevano semplicemente “okkupare” una università ritenuta di élite, perché “privata”. In realtà, la ribellione e gli assalti erano nei confronti di un’idea che in quella università veniva coltivata e proposta: tale idea consisteva in una cultura cattolica che abbracciava la “Vita” e riguardava tutti gli ambiti del “Pensiero”. E questa idea non collimava con gli ideali e le utopie marxiste che proprio il Sessantotto iniziava a coltivare, suscitando la speranza di una palingenesi sociale che portasse anche in Italia, così come in Urss e nella Cina maoista, a una trasformazione comunista.
Da allora sono passati 50 anni, il comunismo è pressoché morto (escluso in Cina), ma il pensiero cattolico invece c’è ancora. E “Vita e Pensiero”, la rivista fondata il 1° dicembre 1914 a Milano dal frate francescano Agostino Gemelli, insieme a Ludovico Necchi e Francesco Olgiati, è lì a testimoniare che i fondamenti del pensiero cristiano sono solidi, capaci di sfidare un secolo di storia.
Nella rivista una precisa “visione del mondo”.
Il fondatore della rivista, Gemelli, era ed è ricordato come un personaggio per alcuni aspetti “controverso”: carattere forte e impetuoso, mente lucida e fredda, intelligenza analitica e indagatoria, aveva esordito col suo “manifesto medievalista” che intendeva sfidare in campo aperto i tanti avversari di allora del cattolicesimo: dal positivismo all’idealismo, dal futurismo al libero pensiero, dalla massoneria all’incipiente fascismo degli anni Venti.
Il ritorno al Medioevo, prospettato dal futuro fondatore della Università Cattolica, era chiaramente una sfida teoretica, quasi una provocazione, per far scoppiare un confronto ideale su temi quali l’unità della persona, la ricerca dell’armonia a livello del singolo e della società, la compresenza delle dimensioni materiale e spirituale all’interno dell’uomo concreto, la dignità e altezza della visione cristiana che abbraccia la vita terrena e quella ultraterrena. Gemelli era a modo suo un “controrivoluzionario”, perché reagiva agli assalti al cattolicesimo portati da più fronti, rispondendo con una “Weltanschauung” ben precisa: si trattava di una visione del mondo nella quale le cose sono tutte al loro posto, con un Dio creatore e un uomo creato a “sua immagine e somiglianza”, che come Dio può “creare”, ma non “dal nulla” bensì partendo dai beni che lo stesso creatore gli ha messo a disposizione. Gemelli affermava ciò che i suoi avversari teoretici volevano negare, e lo faceva con coraggio e profondità. Come diceva il titolo della rivista, univa strettamente la “vita” e il “pensiero”. L’impasto era ben congegnato, se la sua creatura è durata 100 anni.
La “cibernetica” di Gemelli.
E a confermare che gli ingredienti di questo primo secolo di vita sono ancora validi e vitali, il politologo Lorenzo Ornaghi, fino a due anni fa rettore della “Cattolica” e oggi membro, insieme a Franco Anelli (suo successore) e al giornalista Roberto Righetto, del comitato di direzione della rivista, informa che per l’anno centenario c’è l’intenzione di ripubblicare su ogni numero alcuni dei saggi più significativi ospitati da “Vita e Pensiero”.
Nel primo numero del 2014, viene ripubblicato uno scritto di Agostino Gemelli dal titolo “Miti, fantasia, realizzazioni della cibernetica”. È un testo del 1954, non usa la parola informatica perché allora andava di moda l’analisi “cibernetica” di Norbert Wiener sui primi cervelli elettronici e sulle loro potenzialità, di cui ben 60 anni fa già si intravvedevano alcuni sviluppi. Gemelli non avrebbe potuto immaginare che nel 2014 avremmo potuto avere in tasca – ciberneticamente parlando – il mondo intero, dentro gli smartphone perennemente connessi al web. Ma argomentava con lucidità su rischi e opportunità della “cibernetica”, lasciando aperto il campo ai suoi sviluppi ma sottomettendo queste nuove tecniche al controllo della volontà e dell’intelligenza umana.
Una cultura profonda e popolare insieme.
Sempre l’ex-rettore Ornaghi sottolinea che la rivista ieri come oggi “genera cultura”, anzi “lungo tutti i suoi cent’anni è stata – scrive – ‘genitrice’ di cultura”. Una genitorialità difficile da quantificare, ma certamente molto prolifica, se solo si considerano le centinaia di nomi di collaboratori illustri che nel corso del secolo 1914-2014 hanno scritto sulle sue pagine. “Vita e Pensiero” è certamente una rivista-vessillo dell’Università Cattolica, ma non solo. Nell’ambito delle riviste culturali cattoliche, italiane e non solo, ha avuto l’ardimento sin dall’inizio di offrire una pluralità di approcci alle scienze più diverse: da quelle umanistiche a quelle tecniche, economiche, sociali, sanitarie, fino alla teologia e spiritualità.
E lo ha fatto con garbo, pubblicando saggi e studi in grado di interessare anche un lettore non necessariamente super-dotato dal punto di vista accademico. Del resto questo è un po’ il segreto della stampa e della cultura cattolica in genere: quello di essere profonda e popolare, insieme.