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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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13 gennaio

«Il libro dei fondamenti» commentato
dal Rav Giuseppe Laras all’Ambrosiana

Un nuovo incontro nell'ambito del ciclo dedicato ai "nuovi classici", dalle 18 alle 20, nella Biblioteca di Piazza Pio XI a Milano.

13 Gennaio 2014

Lunedì 13 gennaio 2014, dalle ore 18 alle 20, nuovo incontro alla Biblioteca Ambrosiana a Milano (piazza Pio XI) del ciclo “Lettura dei Nuovi classici” con il testo Sefer ha-Iqqarìm (“Libro dei Fondamenti”) di Yosef Albo, commentato da Rav Giuseppe Laras e con introduzione e conclusione di Roberto Pontremoli (modera Fabio Trazza)

L’Autore del Sefer ha-’Ikkarìm (Libro dei Fondamenti), Yosef Albo (c. 1360/80-1444) è stato un filosofo ebreo vissuto nella Spagna cristiana nella prima metà del XV secolo e la sua ricerca teorica è tutta racchiusa proprio in quest’opera, che fu completata nel 1425 a Soria,  città della Castiglia. 

Tutte le questioni d’ordine teologico e filosofico affrontate nel Sefer — dalla teoria del diritto a quella dei princìpi, dalla teoria della Divinità a quella dell’Umanità, dal sistema della Provvidenza a quello della ricompensa —, sono trattate con metodo logico e approfondimenti esegetici. Le analisi di Albo muovono dalle opere dei filosofi ebrei che lo hanno preceduto, in particolare Maimonide e Hasdai Crescas (suo maestro proprio negli anni della formazione), ma anche a lui contemporanei, come Simeon ben Zemah Duran. Risulta però anche con evidenza il bisogno della filosofia di Albo di misurarsi con le tesi fondamentali di altri filosofi, come quelli d’ispirazione cristiana, entrando nel merito, in primis, con quelle di Tommaso d’Aquino. 

Tutti i divulgatori di Albo tendono a rappresentare questa attenzione al pensiero cristiano e tomista come il risultato della crescente tensione sociale e politica vissuta in Spagna nel tempo di Albo tra cristiani, ebrei e musulmani e che porterà nel volgere di pochi anni alla tragica espulsione dei non cristiani dalla Spagna. In effetti le aspre polemiche vissute durante prolungate dispute pubbliche, condotte anche da filosofi e teologi delle più variegate tendenze religiose, non furono certamente estranee a far precipitare verso un clima di intolleranza e di odio una comunità composita che per secoli, e pure tra tensioni, aveva saputo convivere. Ma si tratta comunque di una lettura riduttiva, che appiattisce una densissima opera filosofica alle mere contingenze politiche, quasi che il Sefer possa essere equiparato a un manifesto ebraico anticristiano. Certo, i capitoli 25 (da cui sono ricavati i passi scelti da Rav Laras per il suo commento) e 26 della III parte furono attaccati e censurati dalle autorità cristiane per più di due secoli. Si trattava di frammenti di un’opera vastissima, a fronte di altrettante radicali critiche da parte giudaica seppur per altre ragioni, come quelle concernenti il rapporto fede–ragione.

Forse sono maturi i tempi per riscoprire le ragioni culturali più profonde che hanno consentito all’opera di Albo di assurgere — pur tra tante incomprensioni — a punto terminale del tentativo del pensiero giudaico di farsi sistema filosofico. Poco su questo versante teorico è stato fatto. Come ancora molto rimane da fare sul piano storiografico, per ricostruire la stessa figura storica di Yosef Albo, per noi ancora così scarna di contorni.

Il Sefer ha-’Iqqarìm dell’Accademia dei Concordi di Rovigo è uno dei codici più affascinanti per la sua bellezza.  La sua esistenza fu divulgata solo nel 1893, con la pubblicazione degli Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia. Da allora cominciarono per un Codice – fino allora senza titolo – le mostre e le fortune per la sua bellezza. Nel clima risorgimentale era facile farlo passare sotto la denominazione di  «Confutazione del cristianesimo». Invece dello studio sui suoi contenuti, ci si accontentò di soffermarsi sulla natura e sull’origine della sua bellezza. Si scoprì così che la scrittura era opera di abilissimi calligrafi ebrei, ma le miniature di raffinatissimi artisti cristiani. 

Già solo questa vicinanza sulla stessa pagina, di calligrafi ebrei e di artisti cristiani, avrebbe dovuto far riflettere sulla presunta origine anticristiana del testo e far volgere l’attenzione più sull’itinerario che da Maimonide portava ad Albo, piuttosto che reiterare una versione anticristiana. 

Oggi c’è la consapevolezza che si può andare oltre la lettura estetica: due ultimi lavori sul Sefer, editi da Antilia e da Canova (2009) e animati da Pier Luigi Bagatin dell’Accademia dei Concordi, testimoniano che sinora è stato solo uno il tentativo di lettura scientifica del Codice. Questo “solo” tentativo, ricorda Bagatin, dev’essere ascritto ad un solo studioso: Pier Francesco Fumagalli, pur senza indicarne l’ambito culturale in cui matura: l’Ambrosiana. 

Con l’intento di proseguire la natura degli studi iniziati da Fumagalli è auspicio che il Sefer passi ora dall’esame del Comitato Scientifico per la “Lettura dei Nuovi Classici” e dall’incontro con il pubblico, che questa lettura ha determinato, all’analisi scientifica che la Classe di Studi sul Vicino Oriente dell’Accademia Ambrosiana, diretta proprio da Fumagalli, può certamente compiere. Potrà forse svelarsi come non occasionale quale processo creativo vissuto eticamente in comune tra uomini di differenti fedi, dietro un Codice, possa portare alla contemplazione della bellezza e alla comprensione del logos originario dell’umanità.