Sabato 1º e domenica 2 ottobre, in occasione della IV edizione delle Giornate dei Musei Ecclesiastici, il Museo San Fedele – Itinerari di arte e fede svela al pubblico alcuni preziosi corali miniati dell’inizio del Settecento, appartenuti in origine al tesoro della scomparsa chiesa di Santa Maria della Scala, di cui San Fedele – 240 anni fa – fu la chiesa “erede”, e un magnifico libro di preghiere miniato del XV secolo.
Come su fili si inseguono le note nei tetragrammi degli antifonari settecenteschi della Chiesa di San Fedele, che vengono esposti per la prima volta al pubblico. Alcuni esemplari sono presentati per l’occasione nella imponente Sacrestia secentesca, uno degli ambienti più suggestivi dell’itinerario artistico e religioso che si sviluppa nella chiesa milanese dei gesuiti. I grandi armadi barocchi della Sacrestia, che ancora oggi custodiscono questi volumi, furono il risultato di decenni di lavoro dei fratelli Taurino, artefici dei confessionali in noce presenti a San Fedele.
Una copia del Liber imaginum, volume commissionato dal padre gesuita spagnolo Jerónimo Nadal e stampato ad Anversa nel 1593, è esposta accanto a uno dei nove confessionali. Infatti, le incisioni del volume – il cui titolo completo è Evangelicae Historiae Imagines – ebbero vasta circolazione in Europa e in Oriente e ispirarono la realizzazione di alcuni preziosi bassorilievi che nei confessionali illustrano la Passione di Cristo. Un’occasione rara di confronto tra incisioni e sculture.
In parallelo altri inediti volumi della stessa collezione arricchiscono la mostra “Maria Lai. Sul filo del mistero”, promossa dalla Galleria San Fedele e che si inaugura il 27 settembre alle ore 18.30.
Il 1º e il 2 ottobre la Galleria San Fedele resta aperta (sabato, ore 14-18; domenica, ore 14-18), permettendo ai visitatori di approfondire un percorso che ha nei volumi antichi il trait d’union. Nella mostra, le opere di Maria Lai sono al centro di alcuni dialoghi tra passato e presente: i suoi testi cuciti sono accostati non solo a opere contemporanee dell’artista peruviano Jorge Eduardo Eielson, ma anche a testi d’epoca.
Fra questi, oltre ad altri esemplari degli antifonari settecenteschi conservati nella chiesa di San Fedele, uno splendido e inedito codice miniato del Quattrocento, libro di preghiere vergato a mano nel sud della Francia, in cui si coglie tutta la bellezza e raffinatezza dell’arte della miniatura. Le geografie di Maria Lai incontrano poi le mappe del padre gesuita tedesco Athanasius Kircher e un suo bellissimo libro illustrato sulla Cina antica (China monumentis) pubblicato ad Amsterdam nel 1667.
L’accostamento tra antico e moderno, in omaggio a una delle interpreti più intense nel mondo della ricerca estetica contemporanea, resta la cifra che contraddistingue gli Itinerari di arte e fede promossi dai gesuiti a Milano. La chiesa di San Fedele è stata, dagli anni Cinquanta, un laboratorio spirituale e un luogo di dialogo tra l’arte e il “sacro” con la realizzazione del Sacro Cuore di Lucio Fontana (1957). A partire da quegli anni, la Galleria San Fedele ha continuato a sviluppare fecondi rapporti con gli artisti del tempo.
I fili di una “ricucitura” tra la dimensione del sacro e le arti moderne hanno dato vita nei decenni a numerose sperimentazioni. Nello spazio liturgico della chiesa sono quindi state accolte in modo permanente opere di Claudio Parmiggiani, Mimmo Paladino, Jannis Kounellis, Nicola De Maria, David Simpson e altri, che hanno affrontato temi fondamentali della fede come la Croce, l’Apocalisse, la Gerusalemme celeste.
Lungo quello che la stessa Maria Lai definì un “filo del mistero teso fra terra e cielo”, si dipanano altri dialoghi virtuosi, che rappresentano tasselli importanti di storia dell’arte del secolo scorso. E un dialogo con le ricerche spazialiste di Lucio Fontana: un viaggio oltre la dimensione dell’opera scavata in profondità, verso l’eterno e verso l’infinito.
Ad arricchire ancor più il percorso tra Museo e Galleria è la mostra fotografica “Francesco Giusti. Lost and Found”, ospitata nello Spazio San Fedele e che si inaugura giovedì 29 settembre. Racconta per immagini il dramma contemporaneo dei migranti che attraversano il Mediterraneo, un racconto che consapevolmente evita la dinamica perversa di ritrarre gli esuli come massa di “invasori”, protagonisti di un esodo che spaventa.
Silenziose, rispettose e antispettacolari, le fotografie ci invitano a guardare negli occhi le persone in fuga. Mostrano la necessità di creare ricerche fotografiche che escano dalla logica ristretta dell’evento da documentare e spingono a chiederci “chi sono questi uomini e donne?”, a riflettere sugli incontri, i rapporti, i nuovi “fili” che si intrecceranno nel Mediterraneo di domani.