L’immagine che significativamente è posta sulla copertina della Lettera Pastorale del cardinale Angelo Scola, Educarsi al pensiero di Cristo, rappresenta un particolare del cosiddetto “Sarcofago di Stilicone”, conservato all’interno della basilica di Sant’Ambrogio a Milano.
Considerato uno dei massimi capolavori dell’arte funeraria paleocristiana, il sarcofago deve il suo nome al fatto che in passato, per la sua fattura di altissima qualità, si pensava fosse stato realizzato per contenere le spoglie di uno dei protagonisti dell’età tardoantica: Stilicone, appunto, generale in capo dell’imperatore Teodosio e reggente durante l’impero del giovane Onorio.
Questa monumentale sepoltura dovette essere collocata già in antico nella Basilica Martyrum eretta per volere del vescovo Ambrogio fra il 379 e il 386. Oggi appare inglobata nel grandioso ambone di epoca romanica, di cui funge come da base.
Il sarcofago è eccezionalmente scolpito su tutti i lati, come anche sul coperchio e sui frontoni (dove, fra le altre, troviamo una delle più antiche raffigurazioni della Natività, con il bambino Gesù in fasce, deposto nella mangiatoia e vegliato dal bue e dall’asino).
Sulla fronte principale, che oggi è rivolta verso la navatella destra (e quindi costituisce il lato settentrionale della cassa), compare la scena della Traditio Legis, dove Cristo consegna il rotolo della legge a Pietro, che tiene sulle spalle una croce adorna di gemme, alla presenza di Paolo e degli altri apostoli.
Sul lato orientale, quello verso l’ingresso, si riconoscono alcuni episodi dell’Antico Testamento: il peccato originale di Adamo ed Eva, l’ascensione al cielo del profeta Elia, Noè nell’arca, Mosè che riceve le tavole della legge. Sull’altra testata, invece, vediamo il sacrificio di Isacco e quattro figure togate.
Il lato meridionale del sarcofago, infine, è interamente occupato dalla rappresentazione di Cristo docente fra gli apostoli, ed è proprio da qui che è tratto il dettaglio che illustra la nuova Lettera pastorale. Gesù, seduto in trono, tiene nella mano sinistra un codice mentre ha la destra alzata nel gesto dell’oratore: attorno a lui si dispongono i discepoli in due gruppi di sei (ognuno con un rotolo in mano), mentre ai suoi piedi è scolpito il simbolo cristologico dell’agnello tra le figure, in scala ridotta, dei donatori (un uomo e una donna), inginocchiati e con le mani coperte da un velo.
Tra i molti particolari significativi, si può notare, innanzitutto, il viso giovanile e imberbe del Cristo, a indicare che il Salvatore è sì il maestro universale, ma la sua divina sapienza non gli deriva, come per i profeti e per i filosofi antichi, dall’età né dall’esperienza: l’apollinea bellezza e la freschezza del suo volto, infatti, manifestano in questo contesto la sua eternità, la sua eterna giovinezza quale Logos eterno.
In questa scena potentemente cristocentrica, inoltre, colpisce la forza con cui l’abile scultore del IV secolo rappresenta l’unità del consiglio apostolico, immagine stessa della Chiesa e quindi dell’intera comunità dei fedeli, evocata nelle arcate e nelle strutture sullo sfondo, e sottolineata soprattutto dalla compattezza delle figure dei Dodici, gomito a gomito e quasi sovrapposte (con i piedi a toccarsi ostentatamente, come in una catena umana), ad esprimere la concezione cristiana della “prossimità”.
Questo mirabile sarcofago di Stilicone, insomma, esprime nei suoi rilievi una complessa e profonda visione cristologica, che se non fu dettata da sant’Ambrogio in persona, ne incarna certamente il pensiero.