«Il Signore parlò a Mosè e disse: “Ordina agli Israeliti che ti portino olio puro di olive macinate per la lampada, per farne salire una fiamma permanente. Aronne la disponga nella tenda del convegno, fuori del velo della testimonianza; sarà sempre davanti al Signore, dalla sera fino al mattini; legge eterna per tutte le vostre generazioni. Disporrà le lampade sopra il candelabro d’oro puro: siano davanti al Signore sempre”» (Levitico XXIV, 1-4).
Davanti a questo candelabro Chagall ha trascorso tutti giorni della sua vita e forse si è identificato nella figura di Aronne, che nella gouache occupa infatti meno della metà dello spazio: protagonista della scena è il candelabro d’oro di enormi dimensioni.
Questa scelta iconografica ha certamente un carattere ebraico, ravvisabile nel parallelismo fra la figura del profeta e il candelabro.
Ma la novità chagalliana è in questa capacità di calarsi nella vicenda biblica: nulla è astratto, nulla ha senso se non si riferisce a noi, alla nostra vicenda umana. Dinanzi alla legge e al suo misterioso disegno, Chagall/Aronne è qui raffigurato con lo sguardo perso nel vuoto e malinconico.
Davanti ai nostri occhi scorre il tempo, la storia vela il nostro sguardo, ma una lampada eterna illumina nel buio la via e ci guida alla Verità.