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Il convegno annuale della Pastorale Giovanile

Giovani, promotori di socialità

Come abitano i ragazzi il “continente digitale”? Se ne è parlato sabato mattina al Sole 24 ore. Gli interventi di Gianni Riotta, monsignor Severino Pagani e di Chiara Giaccardi

di Simona BRAMBILLA

26 Febbraio 2011

«Non ci sono giovani online, in rete siamo tutti giovani perché l’evoluzione di Internet è stata così rapida che nessuno può permettersi di dire io sono un esperto della rete». Così è iniziato l’intervento del direttore de Il Sole 24 Ore, Gianni Riotta, al convegno tenutosi sabato mattina dal titolo “Giovani e relazioni nel continente digitale” promosso dalla Pastorale Giovanile della Diocesi di Milano e dall’Ufficio diocesano per le Comunicazioni Sociali. Il direttore ha dato un quadro significativo dello scenario dei new media: ciò che è cambiato nelle ultime generazioni è stata la modalità di comunicazione, mentre i contenuti e i valori sono rimasti per lo più gli stessi. «Coloro che dicono che Internet è il luogo della democrazia mentre i vecchi media sono l’ambito della menzogna si sbagliano. La stessa dose di verità e menzogna sta in tutti i mezzi di comunicazione.»

Le provocazioni lanciate all’inizio del convegno da due giovani educatori della Pastorale Giovanile centrano nel segno le affermazioni del direttore. «Come aiutare i ragazzi a compiere scelte corrette e consapevoli nell’uso dei mezzi di comunicazione?» ha chiesto Miriam Rossi. «Come educarci ed educare a relazioni vere nel continente digitale?» ha aggiunto Salvatore Argirò mettendo l’accento su una questione educativa fondamentale.

Monsignor Severino Pagani, vicario episcopale per la Pastorale Giovanile, dopo aver analizzato il vissuto dei giovani di oggi, ha messo in luce possibili sfide per gli adulti, la comunità civile e quella cristiana. «I ragazzi hanno un’identità plurale, instabile che fa fatica a trovare unità; molte volte vivono una grande solitudine e cercano nuove frontiere di relazione. Noi dobbiamo portare a compimento questa generazione. Innanzitutto le relazioni virtuali devono diventare reali. Poi le informazioni raccolte da Internet, che sono per lo più di curiosità, è opportuno che passino a informazioni di responsabilità. La libertà offerta dal web deve trasformarsi in libertà di abitazione, di fecondità, di stabilità: Facebook è una tenda, ma i ragazzi prima o poi hanno bisogno di casa. L’amore incontrato in rete è importante che diventi un impegno duraturo, non semplice esperienza momentanea. Infine la religione occorre che assuma una dimensione etica e non solo estetica».

Chiara Giaccardi, docente di Sociologia e Antropologia dei media dell’Università Cattolica, nel riportare i risultati di una ricerca sull’uso dei social network da parte dei giovani, ha ripreso il discorso educativo, ponendo l’attenzione su alcune priorità. «L’educatore oggi non può più essere quello di ieri, ma è colui che incontra l’educando in un terreno in cui quest’ultimo si muove meglio. Non si tratta più di trasmettere qualcosa che non c’è, ma di tirare fuori qualcosa che c’è già. L’educatore deve ascoltare l’educando perché solo così può sintonizzarsi con lui e mettersi in relazione.» Rispetto all’uso della rete Chiara Giaccardi suggerisce altri due stratagemmi formativi: insegnare ad andare oltre ciò che è immediatamente disponibile senza accontentarsi e rigenerare le parole che comunemente usiamo per adattarle al continente digitale, non inventarne di nuove.

Le conclusioni sono state fatte da don Davide Milani, responsabile dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali della Diocesi: «In Internet c’è vita e la Chiesa va dove c’è vita. Proviamo ad abitare il continente digitale per dare un’immagine diversa della Chiesa, non solo Istituzione, ma diamo voce alla Chiesa di periferia e invitiamo le singole parrocchie a farsi conoscere attraverso la rete».