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Palazzo Reale

Il ministro Ornaghi visita
la mostra sull’Evangelario

«La mia prima sensazione è quella dello stupore per le straordinarie opere in mostra, quelle più antiche e quelle più recenti. Lo stupore per la capacità di questi artisti, per la loro “intelligenza della mano”, per la fede con la quale le hanno realizzate

di Federica VERNÒ

21 Novembre 2011

Ha scelto la “sua” Milano il neo ministro ai Beni Culturali Lorenzo Ornaghi per la prima uscita pubblica nelle vesti di componente dell’esecutivo guidato da Mario Monti. Diversamente, «un milanese, o meglio un monzese, che non parta da Milano nella sua attività sarebbe complicato da capire». È stato il ministro stesso a dirlo domenica mattina ai giornalisti di fronte ai quali, per la verità, non si è scomposto più di tanto definendosi «taciturno e cocciuto» e non rispondendo alle domande sulla Pinacoteca di Brera, che presto visiterà, o sui tagli alla cultura.

Insomma Ornaghi, dal 2002 rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, non si è lasciato sfuggire nemmeno una parola su quali saranno i suoi primi passi da ministro, ma ha dato subito un’indicazione di metodo. Nella destinazione da lui scelta per la sua prima uscita ufficiale e nel modus operandi che intende osservare. Ha optato, infatti, per visitare la mostra “La Bellezza nella Parola – Il nuovo evangeliario ambrosiano e capolavori antichi”  inaugurata a Palazzo Reale il 4 novembre scorso alla presenza dell’arcivescovo di Milano Angelo Scola e del cardinale Dionigi Tettamanzi, scegliendo un’iniziativa che fa sintesi tra il suo attuale incarico, il suo recente passato e il compito da poco assunto. E ha specificato come intende svolgerlo.  Dello stile “ambrosiano”, infatti, porterà a Roma «sicuramente il riflettere e il capire bene prima per poi fare, sapendo che la stella polare dell’agire non deve essere il tornaconto personale ma il bene della collettività intera».

Al suo arrivo a Palazzo Reale, sotto la Madonnina, Ornaghi ha voluto esprimere parole di moderato ottimismo sulla situazione italiana, sottolineando la volontà di comunicare «l’importanza di sperare e sperare in maniera ragionata, in mezzo a tante difficoltà», con la convinzione che «non solo dobbiamo, ma possiamo farcela».

Poi, appunto,  la visita alla mostra (aperta fino all’11 dicembre) accompagnato dai curatori, fra cui don Umberto Bordoni, monsignor Domenico Sguaitamatti, padre Andrea Dall’Asta, da Carlo Capponi, dagli artisti Giovanni Chiaramonte e Mimmo Paladino, dal moderator Curiae monsignor Gianni Zappa, dall’Arciprete del Duomo monsignor Luigi Manganini, dal sindaco di Milano Giuliano Pisapia, dall’assessore alla Cultura Stefano Boeri.

«Personalmente  delle rappresentazioni del nuovo evangeliario ambrosiano che il cardinale Tettamanzi, facendoci un dono eccezionale, ha voluto con grande determinazione ed entusiasmo, apprezzo soprattutto la capacità di cercare e comunicare l’essenziale – ha detto il neo ministro -. In un visitatore la prima sensazione è quella dello stupore che cresce e del senso di meraviglia per le straordinarie rappresentazioni,  quelle più antiche e quelle più recenti. Lo stupore per la capacità di questi artisti, per la loro “intelligenza della mano”, per la fede con la quale le hanno realizzate, magari una fede con qualche dubbio, ma pur sempre una grande fede. E si può apprezzare la passione che c’è in queste opere che sono rimaste nei secoli a venire, a testimonianza del cammino di un popolo e del fatto che la cultura vera è quella di un popolo e per un popolo».

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