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Milano

Scola a Muggiano: «Poniamo ai piedi di Maria
il nostro peccato e quello di chi è tra noi»

Il cardinale Scola ha recitato il Rosario nella parrocchia Santa Marcellina in Muggiano con la partecipazione delle comunità del Decanato Baggio. All’aperto, in piazza, dove è stata posta una semplice statua della Madonna, l’Arcivescovo ha ricordato a tutti il dovere di essere parte della luce di Gesù

di Annamaria BRACCINI

8 Maggio 2016

Nella piazza della fontana di Muggiano, in una sorta di moderna corte all’aperto, la semplice statua della Madonna, cui fanno da corona luminosa tante piccole fiammelle, accoglie tutti, non solo gli oltre 150 fedeli riuniti per l’occasione, ma anche la gente che 
si affaccia dalle porte e finestre delle case, chi che esce della vicina Chiesa dei Cristiani evangelici, qualche giovane che si ferma, incuriosito, sulla strada. 
È la recita del Rosario con il cardinale Scola, che prosegue, così, la sua scelta di entrare – attraverso la preghiera mariana – in luoghi segnati da antiche e nuove difficoltà, l’anno scorso nella periferia multietnica di Milano e tra i casermoni di Quarto Oggiaro, quest’anno, all’inizio di maggio, nella parrocchia di Santa Marcellina in Muggiano-Baggio, dove il parroco è stato sospeso dall’incarico, a marzo, a causa di un’inchiesta giudiziaria. Accanto all’Arcivescovo ci sono il vicario episcopale di Zona I-Milano, monsignor Carlo Faccendini e i preti del Decanato Baggio, con il Decano facente funzione, don Paolo Citran, le suore Missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta, che a Baggio operano in una Casa di accoglienza, i volontari, gli anziani che hanno visto un’altra Muggiano e i bimbi che, magari, vengono dall’altra parte del mondo. 
Nella tranquilla sera che scende, tra il verde di molti alberi e le case basse, la Baggio problematica sembra lontana, ma anche questa è la periferia della metropoli che cambia, come dice l’amministratore parrocchiale, don Vittorio Ventura, ricordando i circa 1200 giovani su 3200 abitanti e la presenza di più di 200 stranieri.   
E proprio cinque diverse realtà simboliche animano la recita dei Misteri della Gioia, i bimbi dell’iniziazione cristiana, i volontari, due genitori con i loro tre figli, Luvigi, un ragazzino arrivato un anno fa dallo Sri Lanka, i giovani. «Vogliamo pregare per questo mondo in movimento, per le famiglie, per il meticciato di civiltà come arricchimento di umanità, per la sfida dell’accoglienza, per i giovani segnati da precarietà e difficoltà di inserimento, perché non si lascino rubare la speranza», sottolinea don Ventura, indicando le intenzione dei Misteri. 
Un orizzonte di insieme ampio e complesso che trova la sua sintesi migliore nell’intervento dell’Arcivescovo. «Voglio dirvi la mia personale gratitudine per avermi invitato qui a pregare la Madonna. Pregare è una delle espressioni più forti della vita umana. Ogni uomo, anche chi fatica a credere o dice di non poterlo fare e indipendentemente dalle parole che usa, prega. Sappiamo, poi, quanta importanza ha la Madonna anche nelle Chiese del nostro tempo. Come ogni buona madre Maria ci conduce a Gesù», osserva subito Scola. «Abbiamo parlato dei giovani, degli immigrati, della famiglia, mostrando quanto gesto abbia a che fare con la vita di tutti i giorni». 
Il richiamo è all’essere autentici cristiani – «non siamo persone che inseguono una favola, subendo passivamente la vita» –, nella consapevolezza che il rapporto con Gesù e la vita della Chiesa riguardano ogni momento dell’esistenza quotidiana: «il modo in cui ci volgiamo bene, i figli, la preoccupazione per la loro educazione, come affrontiamo le prove della salute fisica e morale, il nostro peccato e quello di chi è tra noi, la costruzione di una vita buona in questo quartiere singolare che mantiene la fisionomia di un paese ma che fa parte della grande nuova Milano che sta sorgendo e di cui ha  tanto bisogno l’Italia, l’Europa e il mondo». 
È questo che dà senso e gusto della vita, suggerisce il Cardinale, appunto perché «sono questioni che ogni uomo e donna ha nel cuore e su cui bisogna prendere posizione che, in ultima analisi, è prendere posizione di fronte a Dio. Per questo Gesù è chiamato luce delle genti e noi, pur con tutti i nostri peccati e miserie, vogliamo essere parte di questa luce». 
Da qui, la consegna alla comunità e al Decanato, ma idealmente rivolta all’intera città e alla Diocesi: «Affidiamoci a Maria, mettiamo mai suoi piedi tutto quanto ci pesa e che abbiamo nel core – angoscia, ansie e speranze – e lei le porterà a Gesù. Riceviamo il suo abbraccio di misericordia, amore e tenerezza, come ci ricorda papa Francesco con insistenza. Impegniamoci a vivere tutto ciò con semplicità e a proporre questo stile di vita a coloro che incontriamo senza imporre nulla a nessuno, cercando solo di dare il nostro contributo alla vita buona della società». 
Infine, prima dello stringersi affettuoso della gente intorno a lui e agli altri sacerdoti, ancora un pensiero: «non dimentichiamo chi è nel bisogno e nella sofferenza come i martiri cristiani del Medio Oriente e della Nigeria del nord, dove scegliere di andare a Messa significa anche scegliere di rischiare la vita».