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Alcuni stralci della seconda catechesi dell’Arcivescovo “SCEGLIERE IL MATRIMONIO”

9 Ottobre 2007

«Voi che siete venuti nella mia casa mi avete mandato il filmato del vostro dialogo, un dialogo che ho seguito con molta interesse, avendo dentro di me la sensazione quasi di sfogliare le pagine di un libro, di quello che io chiamo il piccolo Vangelo feriale, nel quale potevo leggere qualche cosa della vostra vita. In questo libro che andavo sfogliando, io ho colto innanzitutto delle buone notizie, e la prima di tutte è la più bella, è la notizia del vostro amore, con tutti i valori che caratterizzano questo vostro amore, i sentimenti, i propositi, i sogni, le speranze. Ma insieme anche altre notizie, segnate dalla preoccupazione. Mentre parlavate vedevo emergere dai vostri animi i sentimenti profondi di dubbio, di perplessità, di paura, di incertezza, di difficoltà. […]

Ebbene, questa sera, carissimi fidanzati noi vogliamo continuare questo dialogo […] dando uno sguardo panoramico a questo vostro tempo, al fidanzamento. Mi pare che l’elemento centrale sia dato dalla scelta che si precisa sempre di più come scelta del matrimonio. Bisogna scegliere nella vita, perché il rischio che corriamo è di bloccarci nel momento che stiamo vivendo per goderlo, anche perché è davvero bello stare insieme. Ma se ci blocchiamo non ci muoviamo verso il domani e il rischio è di non scegliere perché, come avete detto, il futuro non è certezza. […]

E’ faticoso scegliere, per tante condizioni esterne, ma soprattutto che nascono e crescono dentro di noi. Sto pensando in questo momento alla cultura che tutti quanti ci contagia, una cultura che ci spinge a scegliere tutto e il contrario di tutto, come se la vita fosse un eterno provare tutto, ma che in definitiva è non scegliere niente, perché niente in profondità ci soddisfa, presenta una risposta che davvero ci può appagare. Non scegliere allora significa rinunciare alla cosa più preziosa che noi possediamo e alla quale davvero teniamo tanto, rinunciare alla libertà. Libertà non è fare ciò che ci piace, ci torna comodo, ci interessa, ciò che vogliamo, ma libertà è fare ciò che si deve, ciò che è vero, ciò che è bello, per sé e per gli altri. La libertà coincide con la responsabilità, con questa capacità che noi abbiamo di rispondere a ciò che veramente è capace di dare consistenza, solidità, valori alla nostra vita.

Il grande teologo san Tommaso d’Aquino diceva che è libero l’uomo che tiene in mano se stesso, e tenendo in mano se stesso si trova di fronte a due possibilità: si rinchiude in se stesso e coltiva come suo ideale l’egoismo, apre la mano per spendersi a favore degli altri, per donarsi agli altri. Se vogliamo essere davvero liberi e cioè responsabili, a questo punto del fidanzamento, non si può non avere il coraggio della decisione e della scelta. Certo è difficile, ma è necessario. […]

Per scegliere il matrimonio bisogna saltare con decisione tanti ostacoli che noi incontriamo, sto pensando alle difficoltà economiche, c’è chi non ha la casa, chi l’ha intravista ma si trova di fronte ad effetti davvero inaccessibili o chi non ha lavoro, oppure il lavoro ce l’ha però è ancora nel segno della precarietà… Sono cause molto pesanti che davvero rendono faticoso, se non addirittura difficilissimo, scegliere il matrimonio. Ma sto pensando anche a un altro ostacolo che incontriamo tutti i giorni. Se guardiamo intorno a noi incontriamo giovani che come noi si amano, ma preferiscono convivere, così semplicemente, oppure coppie di sposi che noi vediamo essere in crisi, oppure coppie che davvero hanno purtroppo registrato un fallimento.

C’è anche una pressione culturale che ci raggiunge continuamente che ci continua a dire: “Ma no, il matrimonio è bene spostarlo in là, il più in là possibile”. Ci sono anche delle persone che ci scoraggiano: “Chi te lo fa fare”, e magari sono persone sposate. Ma vorrei aggiungere anche un altro ostacolo, forse più profondo, perché lo troviamo nell’intimo di noi stessi. È l’ostacolo della paura che ci prende quando pensiamo di sbagliare il nostro passo, oppure quando non siamo sicuri, non siamo pienamente sicuri dell’altro. […]

Vorrei insieme a voi trattare ciò che costituisce davvero il cuore vivo, palpitante dello sposarsi e cioè condivisione, costruita su due elementi essenziali: il primo elemento è la comunione, cioè lo stare insieme, e l’altro è la donazione, cioè l’essere l’uno per l’altro. […] Dalle vostre testimonianze vorrei raccogliere quella di Paola che suona così: «Il matrimonio è per condividere ogni cosa insieme, dalla più bella alla più dura e faticosa, che la vita ti può dare. In ogni prova l’altro c’è, ha scelto di starti accanto col matrimonio. C’è uno stile con cui si sceglie di vivere insieme». Quando vedo una coppia che dà origine a questa condivisione su tutto e per sempre, penso a una delle primissime pagine della Bibbia, che ritengo essere antichissima, ma nello stesso tempo quanto mai attuale, sempre viva nella storia del mondo. […] È la pagina della Genesi, capitolo secondo e il brano inizia al versetto diciottesimo: «Poi il Signore disse non è bene che l’uomo sia solo, gli voglio fare un aiuto che gli sia simile… […] Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne».

Carne nel linguaggio biblico significa non soltanto il corpo, ma tutta la persona: il corpo, il cuore, l’intelligenza, la libertà, il sentimento, lo spirito […]. Soltanto nell’intimità coniugale si apre e genera una realtà nuova, la realtà vivente e personale del figlio, così i coniugi raggiungono il massimo di condivisione. La pienezza della loro comunione è la pienezza del loro donarsi. Il loro dono non rimane in se stesso, ma diventa vivente e personale.