Incastonato nell’ ex ala di teologia del Seminario Arcivescovile Pio XI, il maestoso campanile del seminario di Venegono è molto più di una torre: è un’opera d’arte, una testimonianza storica, un monumento alla fede e alla generosità. Costruito all’inizio degli anni trenta del novecento, il campanile svetta per 40 metri a fianco della basilica, e custodisce al suo interno uno dei concerti campanari più ricchi e significativi dell’intera diocesi: venticinque campane distribuite su tre livelli, un’intera scala musicale plasmata nel bronzo.
Un dono della città di Varese
La nascita del campanile è legata a un gesto straordinario: fu l’intera città di Varese a volere e finanziare la realizzazione dell’intero impianto, in segno di affetto e legame con la nuova sede del Seminario. Il 4 maggio 1931, nonostante la pioggia battente, un corteo festoso di autocarri, automobili e biciclette partì da piazza San Vittore per trasportare le 25 campane fino a Venegono. Il 7 maggio, alla presenza di autorità civili e religiose, il cardinale Alfredo Ildefonso Schuster consacrò solennemente le campane, in un rito complesso e suggestivo che richiamò una folla immensa.
Di questo rito proponiamo qui un raro documento filmato dell’epoca per il quale ringraziamo la collaborazione dell’archivista del seminario, don Stefano Perego.
Un concerto ambrosiano di rara bellezza
Il castello campanario ospita le campane su tre piani, intonate su due ottave complete a partire dal RE, con la possibilità teorica di suonare melodie anche complesse. Le cinque campane più grandi, situate al primo piano, sono dotate di ruote e contrappesi per la suonata manuale a distesa o a concerto ambrosiano. Le altre, più piccole, erano un tempo azionate da un sistema elettromeccanico ora in disuso. La campana più grande, dedicata a Cristo Re, pesa 14 quintali e ha un diametro di 1,40 metri.
Nominate come santi
Ogni campana porta un nome e una dedica: da Cristo Re a San Vittore, da Pio XI (che vi appose la propria firma) a Sant’Ambrogio, da Santa Maria Addolorata a Sant’Agostino. L’intero impianto è un vero e proprio “pantheon sonoro” della santità, unendo arte fusoria, devozione e memoria ecclesiale.
Un impianto raffinato ma dimenticato
In origine, il sistema era stato dotato di una tastiera elettrica posta accanto all’organo Mascioni in basilica, che permetteva di attivare ogni campana. Dopo il secondo conflitto mondiale, probabilmente per un fulmine, il sistema smise di funzionare e non venne più ripristinato per i costi elevati. Oggi, solo le cinque campane inferiori sono attive ma la loro voce continua a farsi sentire, richiamo potente e commosso al Mistero.
Un’eredità da far risuonare
Oggi, l’intero impianto campanario è un patrimonio tecnico e spirituale quasi dormiente. Solo una piccola parte delle campane suona ancora regolarmente, ma resta viva la speranza che un giorno si possa udire nuovamente il concerto completo, come fu pensato all’origine. Sarebbe un dono non solo per il seminario, ma per tutta la comunità.





