«Questa Basilica fu eretta per volontà dell’imperatore Teodosio dopo il 390 in onore dei santi Gervasio e Protasio, mai prima d’oggi avevano oltrepassato questa soglia le loro reliquie. Forse perché, proprio nel periodo in cui si edificava questa maestosa Basilica a tre navate, ora ridotta ad una, i rapporti tra sant’Ambrogio e Teodosio erano stati gravemente compromessi dalla strage di Tessalonica. Dopo il massacro, il Vescovo di Milano si oppose fermamente all’imperatore, imponendogli una penitenza pubblica prima di ammetterlo nuovamente alla comunione della Chiesa. In un clima tanto teso, è probabile che Ambrogio abbia preferito custodire le reliquie di Gervasio e Protasio a Milano, aspettando i tempi migliori. Che ora, evidentemente, sono finalmente giunti, dopo 16 secoli».

È una comunità commossa e grata, a cui dà voce il parroco don Elio Lops, nel suo ringraziamento, quella che si stringe intorno all’Arcivescovo che – nei giorni delle pellegrinaggio giubilare della Diocesi a Roma – dona lui stesso, appunto, le reliquie ambrosiane di Gervasio e Protasio, cui è dedicata l’insigne basilica che porta il loro nome unitamente a quello di Vitale e Valeria, ritenuti da antica tradizione genitori dei due santi martiri. A sottolineare l’importanza della consegna, la Messa presieduta dal vescovo Mario e concelebrata da diversi presbiteri della Diocesi di Roma legati, per diversi motivi, alla vita di questo luogo di culto, molte presenze – tanti i Vigili del Fuoco, di cui il parroco è cappellano, con il comandante del Corpo nazionale Eos Mannino – e i messaggi giunti tra cui, in primis, quello del Presidente della Repubblica, ma anche del Ministro dell’Interno, che hanno fatto pervenire la loro vicinanza tramite una telefonata personale al parroco. Anche perché la dedicazione completa della chiesa è «San Vitale, Santa Valeria, Santi Gervasio e Protasio al Quirinale», abbracciando, la parrocchia, i colli del Quirinale e del Viminale.
Insomma, un momento insieme solenne e di gioia, come ha evidenziato nella sua omelia monsignor Delpini in riferimento proprio al significato delle reliquie. «I santi martiri sono qui per proteggere la comunità, ma essi contestano il cristiano sfiduciato che vive la tribolazione come un segno di morte, mentre dovrebbe essere grato del futuro se vissuto per amore; essi contestano il cristiano che vive una specie di reticenza per l’imbarazzo di dire della propria fede e la sua gioia; essi contestano il cristiano chiacchierone che parla di tutto, eccetto che di Gesù, della sua morte della sua risurrezione».

Interessante e complessa la storia attraverso i secoli di questo luogo di culto. Infatti, la basilica imperiale di San Vitale al Quirinale – o meglio per usare il suo nome più corretto, basilica paleocristiana dei Santi Vitale, Valeria, Gervasio e Protasio Martiri in Fovea, conosciuta più comunemente come basilica parrocchiale di San Vitale e Compagni Martiri in Fovea – si trova nel centro storico di Roma. Fu edificata nel 386, essendo la prima basilica cristiana pubblica con battistero (ancora non ritrovato) non fondata su templi pagani preesistenti ed è menzionata nel Liber Pontificalis. Fu voluta, come detto, dall’imperatore Teodosio, ma per volontà e decisione di sant’Ambrogio, forse dopo lo “strappo” della strage di Tessalonica, ma anche in onore del ritrovamento miracoloso dei corpi di Gervasio e Protasio martiri in Milano. Fu consacrata da papa Innocenzo I (401-417), come ringraziamento della munificenza della ricca matrona romana chiamata Vestina, di stirpe senatoria, amica di Sant’Ambrogio, a indicare un ulteriore legame con la Chiesa che proprio da Ambrosio prende nome.




