Share

2 ottobre

Venegono Superiore riflette sul significato della chiesa

L’Arcivescovo celebra la Messa nella chiesa di San Giorgio, inaugurata dopo i lavori di restauro. Il valore dell’edificio di culto al centro del percorso tematico dell’anno, come spiega don Maurizio Villa, responsabile della Comunità pastorale Beato Alfredo Ildefonso Schuster

di Cristina CONTI

1 Ottobre 2016

Domenica 2 ottobre il cardinale Angelo Scola si recherà a Venegono Superiore (Varese), dove, alle 10.30, celebrerà la Santa Messa nella chiesa di San Giorgio (piazza San Giorgio 13), che sarà così inaugurata dopo i lavori di restauro.

«Le prime notizie riguardanti questa chiesa risalgono al 1495 – spiega don Maurizio Villa, responsabile della Comunità pastorale Beato Alfredo Ildefonso Schuster, in cui è compresa la parrocchia di San Giorgio -. Nel 1570, in seguito a una visita pastorale di San Carlo Borromeo, si decise di ampliarla e migliorarla. Nel 1912, inoltre, in occasione di una visita pastorale del cardinal Ferrari la chiesa venne rifatta in seguito a lavori di ampliamento per accogliere un numero maggiore di fedeli. Qualche anno fa abbiamo deciso di rinnovarla ancora. Questo fine settimana si svolge la nostra Festa patronale, con un concerto, l’adorazione e la presentazione di un libro sui lavori di restauro. Dopo la Messa ci sarà la preghiera dell’Angelus con il Cardinale nel cortile della casa parrocchiale. Nel pomeriggio, inoltre, prima della festa in oratorio ci sarà una processione mariana».

Come vi siete preparati per questa celebrazione?
La visita avviene in un contesto di riflessione sul tema della chiesa. Abbiamo scelto di concentrarci su questa tematica in vista della prossima visita pastorale, che si terrà in febbraio nel Decanato di Tradate. Tutto il percorso dell’anno sarà centrato su questo argomento e, prima e dopo Natale, faremo una serie di incontri per approfondirlo adeguatamente.

Come siete organizzati sul vostro territorio?
Siamo una Comunità pastorale ormai da otto anni, insieme a Venegono Inferiore. È significativa in questo contesto la presenza del Seminario arcivescovile e quella dei Missionari Comboniani (anche loro qui prima avevano un Seminario), che stimolano alla riflessione sul significato della missione, intesa come annuncio non solo in terre lontane, ma anche nella nostra società. In questo ultimo anno l’attenzione della nostra Comunità si è concentrata soprattutto sul tema dei profughi, un’emergenza a livello decanale che ha avuto riflessi anche a Venegono: alcuni si trovano infatti al Castello dei Comboniani.

L’immigrazione è una realtà molto presente?
Gli stranieri che vivono qui provengono soprattutto dall’Africa e sono abbastanza integrati con il territorio attraverso la scuola e l’oratorio. Non si tratta però di numeri alti. A Venegono Inferiore, in un appartamento della parrocchia gestito dalla Cooperativa Intrecci in collaborazione con il Comune, è stata accolta una famiglia di egiziani. Il problema più sentito adesso è comunque quello dei profughi. La Caritas sta lavorando molto a sostegno sia delle famiglie straniere, sia di quelle italiane in difficoltà.

La crisi economica si è avvertita?
Direi non molto. Qualche famiglia sì, è stata toccata. Negli ultimi tempi poi si è fatto particolarmente sentire il problema della casa: diversi nuclei familiari hanno infatti dovuto fare i conti con affitti troppo alti. Nel Varesotto non ci sono le situazioni difficili che possono presentarsi nella periferia di Milano, per esempio: i problemi ci sono, ma non sono marcatissimi.

I giovani frequentano regolarmente?
Questa è una bella domanda… Frequentano, ma con un po’ di fatica. A livello di Comunità pastorale sono seguiti da un vicario parrocchiale, don Carlo Bosco, in collaborazione con gli altri sacerdoti che si occupano della Pastorale giovanile del Decanato di Tradate.

E gli anziani?
La terza età è una bella presenza. A Venegono Superiore e a Venegono Inferiore ci sono due centri per anziani che non sono legati alla parrocchia, ma che prevedono una bella animazione. Il dato sicuramente più rilevante a questo proposito è che le parrocchie invecchiano. Ormai, un po’ dappertutto, si celebrano pochi matrimoni e tanti funerali.