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Welfare

Sulla riforma regionale
il disagio delle realtà assistenziali

Nell'ultima riunione della Consulta ecclesiale degli enti lombardi di ispirazione cristiana espressa preoccupazione per i tempi e il merito della proposta del Pirellone

17 Giugno 2012

Nella riunione di lunedì 11 giugno, la Consulta ecclesiale regionale delle Opere socio assistenziali – organismo che raggruppa tutti gli enti assistenziali di ispirazione cristiana della regione – ha esaminato la proposta della Giunta regionale di sottoscrizione di un “patto” per la riforma del Welfare lombardo.

Da parte di molti dei presenti si è espresso disagio per i metodi e i tempi della consultazione con principi positivi ma generici a fronte di scelte concrete che sembrano già predeterminate dalla Regione. Su di esse si è manifestata viva preoccupazione, profilandosi un pericolo di mutamento di regole e principi in materia assistenziale dall’esito pregiudizievole per i diritti sociali dei cittadini lombardi.

Il nuovo impianto proposto vuole ribadire la centralità della famiglia, che verrebbe valorizzata dal «passaggio dall’offerta alla domanda» con risorse affidate non più al sistema di offerta dei servizi ma alle stesse famiglie sotto forma di «dote», «voucher», «buoni» per l’acquisto dei diversi servizi offerti. Ne emerge il pericolo di una sussidiarietà mercantile, in luogo di una sussidiarietà comunitaria, basata sulla collaborazione in rete delle unità di offerta nell’ambito di un programmazione territoriale condivisa. Privilegiare il “mercato” dei servizi vuol dire vanificare la funzione di programmazione dei Comuni e dei soggetti comunitari che si esprime nei  Piani di Zona. Enfatizzando la libertà di scelta delle famiglie, senza una adeguata tutela, si ritiene poi che si corra il rischio di lasciare solo chi è in difficoltà. Non si dovrebbe partire dalla “domanda”, in una logica di mercato, ma dal “bisogno”, che è relazionale e richiede di mettere in atto l’ascolto, l’accoglienza, la presa in carico, l’accompagnamento. La diminuita attenzione alla rete di offerta rischia insomma di portare a un progressivo degrado del sistema.

Si condivide l’attenzione privilegiata alle famiglie, ma non si dovrebbe attribuire alle stesse ruoli e responsabilità che una famiglia non è in grado di sopportare. Deve poi primariamente rimanere la centralità della persona umana, del soggetto nel bisogno. Preoccupano inoltre gli esiti di progressiva riduzione dei livelli essenziali di assistenza, come è avvenuto con la L.r. 2/2012 per gli anziani non autosufficienti. Infine, la discussione in Consulta ha fatto emergere una preoccupazione anche su misure, già anticipate da recenti provvedimenti sull’accreditamento, con possibile ingerenza nella libertà di organizzazione dei soggetti del Terzo settore, con indicazioni indebite di forme giuridiche, modelli organizzativi e persino controlli di merito sulla loro attività interna. Potrebbero essere lesi così fondamentali diritti di autonomia e libertà costituzionalmente definiti, e, per gli enti ecclesiastici e le stesse garanzie di libertà concordatarie. Se si vuole giungere a un "patto" per il nuovo Welfare, occorre un percorso di reale e seria consultazione, dove tutte le questioni siano attentamente valutate, non solo a livello di principi astratti ma di concrete prefigurate soluzioni, stando ben attenti agli esiti.