Come una restituzione di quanto si è ricevuto. Per molti animatori ambrosiani l’impegno estivo nasce così. Anche per Isabella Ghidoni, che da domani, ogni mattina, sarà animatrice dell’oratorio di San Francesco a Poasco, frazione di San Donato Milanese. Tremila abitanti, una sola parrocchia, 170 ragazzini ogni anno mediamente iscritti al “feriale”. Circa 25 gli animatori. Isabella, 18 anni, la quarta superiore appena finita, lo è da quattro anni.
Come mai? «Ho iniziato a impegnarmi in oratorio perché è un’esperienza che mi piace. Da molti punti di vista: c’è la collaborazione con altre persone, e poi c’è l’aspetto del divertimento, che è importante. Anche noi animatori ci divertiamo in questa attività…».
Isabella frequenta il liceo scienze umane. C’è un legame tra gli studi e la scelta di fare l’animatrice? «Non proprio. Io sono cresciuta nell’ambiente oratoriano. Il passaggio da quella che veniva fatta divertire a quella che fa divertire è stato molto naturale». Per lei l’educazione in oratorio feriale è particolare perché «è rivolta verso l’alto. Non si insegna a essere educati perché è il mondo a chiederlo. Piuttosto si tratta di una educazione che apre a stare con altre persone, a vedere l’altro come qualcosa di speciale».
L’esperienza in un piccolo paese ha le sue peculiarità: «Ci si conosce tutti, cambiamenti particolari non ce ne sono stati, mentre è mutato il modo di porsi dei più grandi nei confronti dei più piccoli. Quando io ero dall’altra parte, i genitori concedevano molta più libertà all’educatore. Oggi c’è più controllo su quello che si fa, perché il mondo è cambiato: la paura di insidie come le droghe o la pedofilia, per citare alcuni situazioni-limite, porta i genitori a essere più presenti. Ma non solo in oratorio…».
Quali sono i principi guida che devono ispirare un buon oratorio? «Prima di tutto ci si deve divertire, altrimenti un bambino lo vive male e lo fa vivere male anche agli altri». Ed è un luogo in cui la fede viene trasmessa con l’esempio: «Se noi animatori esprimiamo tutti concetti più belli del mondo, ma non li mettiamo in pratica, non veniamo presi sul serio». E infine ci vuole una presenza costante con i bambini, al di là del mese in cui ci si ritrova quotidianamente: «In un paesino come il mio, anche camminando per strada incontro bambini dell’oratorio estivo. Mi riconoscono e mi salutano sempre. E questo è bello…».