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Si chiamava Felice, si chiama Daniele, è Venerabile, sarà Beato

Domenica di Pentecoste. Centenario della morte di P. Daniele da Samarate (San Macario, 15 giugno 1876 – Tucunduba Belém, 19 maggio 1924), Samarate - 19 maggio 2024

19 Maggio 2024

1. Si chiamava “Felice” (15 giugno 1876)

C’è nella vita di Felice Rossini una vocazione alla felicità.
La famiglia, l’aria buona di San Macario e di Samarate, la fede semplice, l’entusiasmo per il bene, per l’audacia, il rischio, l’estremo.
C’è in ogni vita che nasce la vocazione alla felicità.
Quale via, quale conquista, quali risultati?
La felicità è un risultato? La felicità è una conquista?

 

2. Si è chiamato Daniele (24 giugno 1892)

Perché si sia chiamato Daniele non lo so. Ma Daniele significa: “Dio è il mio giudice”
La verità della mia vita non è nei miei desideri, nei miei risultati, nei miei titoli.
È nel giudizio di Dio.
P. Daniele si è consegnato alla consacrazione e ad assumere come criterio della sua vita la chiamata di Dio.
Dove l’ha chiamato Dio?
“lontano”: in Brasile, Colonia do Prata, Tucunduba
“in disparte”: la lebbra lo isola, lo chiude in un lebbrosario, nel “Rétiro San Francisco”
“vicino”: ai lebbrosi, ai bambini, a Gesù.

 

3. Parla tutte le lingue.

Lo Spirito Santo compie l’opera stupefacente: la gente di Gerusalemme è stupefatta. Sente parlare gli apostoli nella propria lingua.
Lo Spirito di Dio ha reso P. Daniele capace di farsi intendere da tutti.
Si è fatto capire dai bambini: si è preso cura della loro gioia, del loro canto, della loro fede.
Si è fatto capire da quelli che gli volevano bene: i frati, Maria da Penha.
Si è fatto capire da quelli che gli volevano male: la misericordia, il perdono.

 

4. La lingua che tutti comprendono.

Lo Spirito ha donato a p. Daniele di parlare le lingue che tutti comprendono:
Soffrire può essere un linguaggio che tutti comprendono. la sofferenza può produrre amarezza, risentimento. P. Daniele ha parlato lingua del soffrire come un modo per comunicare con coloro che soffrono per la malattia, l’emarginazione, la solitudine.
La tenerezza può essere un linguaggio che tutti comprendono. La premurosa attenzione ai più piccoli, a più isolati, le manifestazioni del rispetto, della discrezione, della sollecitudine per le piccole cose e l’ascolto per le pene dell’anima sono le manifestazioni della tenerezza di P. Daniele.
La preghiera di intercessione è la preghiera che accoglie tutti, tutte le intenzioni, tutti i ricordi e li presenta a Dio per intercedere per tutti e chiedere che la misericordia di Dio accolga tutti.

Lo Spirito Santo insegni anche a noi la lingua che tutti comprendono e ci doni il desiderio di farci capire da tutti, perché a tutti giunga la rivelazione della verità di Gesù e del suo comandamento.