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Gerusalemme

Scola: «Testimoni della certezza
che la nostra vita ha un destino di gloria»

Al Sepolcro la celebrazione all'alba per i pellegrini ambrosiani. Il mandato dell'Arcivescovo: «Domandate al Signore la conversione e impegnatevi nella testimonianza del Risorto»

di Davide MILANI

29 Dicembre 2014

Gerusalemme è ancora avvolta nella notte, lunedì 29 dicembre, quando i pellegrini ambrosiani raggiungono la Basilica del Santo Sepolcro. «Come Maria di Magdala, al buio, è il nostro andare stamane – spiega il cardinale Scola -. È l’andare nel buio motivato per l’amore per Gesù, il bell’amore capace di giungere obiettivamente al bene dell’altro come altro, costi quel che costi».

L’emozione è grande in tutti, l’attenzione intensa, lo spirito di preghiera elevato. La motivazione la spiega l’Arcivescovo di Milano: «Siamo nel luogo decisivo della storia. Al Venerdì santo arrivano tutti a riconoscere un giusto in quell’innocente impalato in modo ignominioso sulla croce. A noi è stato dato il dono della fede per vivere il momento decisivo che egli ha qui compiuto: il passaggio da questo sepolcro alla vita definitiva, alla risurrezione».

Proseguendo la sua omelia il cardinale Scola ha mostrato il compimento che attende ciascuno oltre la croce e tutte le croci della vita: «La croce è da vivere come condizione, non come mèta, perché la mèta è la vita piena in Dio, dove Gesù risorto con sua madre Maria già si trovano con il loro vero corpo e ci aspettano». E per vivere con autenticità questo passaggio occorre guardare «al santo Vangelo che ci dice a quale condizione questa fede può essere alimentata in un luogo come il Sepolcro così sacramentalmente privilegiato».

Ma sostare, seppure in preghiera, presso il posto dove è stato posto il corpo del Signore contiene un rischio: «Il nostro pellegrinaggio in queste terre sante sarebbe pura archeologia se il nostro cuore, la nostra azione non si sottoponessero al cambiamento». Perché la fede riguarda e coinvolge il presente, non un futuro prossimo. E il cardinale Scola cita come prova San Paolo nella lettera ai cristiani di Colossi: «Se siete risorti con Cristo, scrive l’apostolo. Se siete, non se sarete. Perché la prospettiva – se non la rifiuteremo – è di essere nel nostro vero corpo con Lui e con sua madre. In lui è la nostra vita. Noi ora abbiamo già una vita trasformata e il primo anticipo della risurrezione è l’eucarestia che stiamo celebrando qui con grande privilegio». E al sepolcro di Cristo, dopo la sua risurrezione, è iniziata una straordinaria vicenda che non può restare rinchiusa in quella grotta. Dal sepolcro lasciato vuoto dal Risorto inizia una vicenda ininterrotta di testimonianza che raggiunge ciascuno ancora oggi. «Pietro riassume e concentra tutto il Vangelo in poche parole, dicendo che Gesù è apparso ad alcuni testimoni. Non a tutti, ad alcuni, perché la libertà di ogni uomo venuto dopo quei fatti potesse giocarsi come fu per i primi discepoli. Con la stessa fatica a capire, ma con l’identica disponibilità al “sì” a questo grande avvenimento: Gesù nostra verità, Gesù nostra via».

Dalla visita al Sepolcro e da questo pellegrinaggio scaturisce per tutti il compito della testimonianza: «In tutti gli ambienti dell’umana esistenza, negli ambienti delle nostre famiglie, del nostro lavoro, delle nostre parrocchie, dei nostri quartieri, delle nostre città, siamo attesi come testimoni della certezza che la nostra vita ha un destino di gloria. E questa consapevolezza cambia la nostra esistenza terrena. Un dono che diventa compito e responsabilità».

È qui che termina il pellegrinaggio del cardinale Scola, non prima però di essere ospitato in ogni gruppo per la foto ricordo e di avere stretto le mani di ogni pellegrino. Il suo rientro è anticipato, a Milano lo attendono gli impegni pastorali di fine anno. Ma per gli ambrosiani l’esperienza prosegue. Con una raccomandazione dell’Arcivescovo: «Continuando il pellegrinaggio domandate al Signore la conversione, e impegnatevi nella semplice e umile testimonianza di Gesù risorto».

Ora, guidati dal vescovo ausiliare monsignor Pierantonio Tremolada e dal vicario episcopale monsignor Piero Cresseri, i pellegrini si divideranno in due itinerari: uno punterà in Galilea, l’altro a sud, fino in Giordania.