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Rom: investire sulla dignità Sgomberi inutili e costosi

Un dibattito con le realtà impegnate da anni per l'integrazione di una comunità complessa

23 Marzo 2010

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Di fronte a questo scenario siete d’accordo?
Davanzo. Lo scenario è questo. Il vero problema è la dimensione ideologica del modo di affrontare la questione. L’unica speranza è quella di veder crescere questo movimento di base. L’esperienza di via Rubattino è stata un punto di svolta, il primo momento in cui non noi – le solite organizzazioni e associazioni impegnate su questo fronte -, ma insegnanti e mamme hanno cominciato a dire: «Guardate che forse qualche prospettiva di speranza ci può essere, che i figli di questa gente magari possono avere un futuro diverso dei loro genitori…». Credo che l’unica speranza di cambiamento è che dall’opinione pubblica nasca una sensibilità diversa che porti a chiedere conto che tutti i soldi spesi per gli sgomberi – che sono della cittadinanza – non hanno prodotto risultati e non tutelano più di tanto la sicurezza degli italiani. Diventano invece sinonimo di abbrutimento, di degrado del modo in cui questa gente vive. Non ignoriamo che questa linea dei “duri e puri” dello sgombero selvaggio è stata sempre giustificata dal fatto che l’opinione pubblica la vuole, che l’appoggia.
Busnelli. Io non sono così convinta, perché anche l’opinione pubblica incomincia a essere stufa, per la ferocia e la modalità degli sgomberi. Se uno ha un minimo di senso civile non può accettare il linguaggio con cui vengono descritti questi fatti. Ho sentito diversi interlocutori che non accettano più questa modalità: per quanto queste persone possano dare fastidio e sono sicuramente d’ingombro, però anche l’opinione pubblica non ne può più di questa caccia continua. Bisogna far leva su questo: penso che ci sia anche un buono strato della società civile che invece queste cose non le accetta. Però non dobbiamo più parlare alle istituzioni, ma alla società civile.
Cimoli. In via Rubattino la Comunità di S. Egidio, insieme ai Padri Somaschi, ha lavorato come ponte con le persone. I rom non sono più stati un’entità astratta e altra, ma sono diventati compagni di scuola e genitori che venivano a prenderli. Quindi sono diventate persone, esseri umani con i quali esistevano rapporti. Per questo mamme e insegnanti si sono chiesti perché devono essere perseguitati, facendoli diventare il nemico di cui aver paura. Non siamo più riusciti a fare in tempo le iscrizioni perché gli sgomberi sono sempre più frequenti. Chi li conosce ha uno sguardo diverso e si schiera per il rispetto dei diritti fondamentali. In questo modo credo che la società civile cambi. All’interno delle comunità rom rumene c’è una povertà che ci eravamo dimenticati nelle nostre città. Così, da un lato, una domanda evangelica di come rispondere ai poveri che saranno sempre accanto a noi, ma nello stesso tempo una possibilità anche civile, laica, di parlare con tanta gente, avvicinando i rom, rendendoli prossimi.
Colmegna. Sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione Rom è difficile, perché è innegabile che il clima non è favorevole a loro. Ma non è impossibile. Si può puntare su due aspetti: uno pratico e uno culturale. Il primo: bisogna cominciare a quantificare i costi degli sgomberi del Comune vedendo che non risolve i problemi, perché queste persone si spostano in continuazione, e quantificare invece quello che fa il lavoro sociale con le persone per farle uscire dalla situazione di disagio. Quindi confrontare i due costi e magari la gente comincia a capire che forse conviene investire di più sul lavoro sociale perché toglie persone dalle strade, avvia anche per le famiglie i percorsi di integrazione e rende un po’ più sicura la città, abbassa il livello di paura. La Casa della carità con numeri piccoli lavora per portare le famiglie all’autonomia attivando percorsi di lavoro per gli adulti e un’attività con le donne e i bambini che vanno a scuola. Sul piano culturale bisogna non dimenticare che forse ci si assuefa a certe cose, perché qui si parla comunque di violazione dei diritti umani, di rispetto che non c’è per la persona.

Continua a leggere… Vai alla pagina precedente…Di fronte a questo scenario siete d’accordo?Davanzo. Lo scenario è questo. Il vero problema è la dimensione ideologica del modo di affrontare la questione. L’unica speranza è quella di veder crescere questo movimento di base. L’esperienza di via Rubattino è stata un punto di svolta, il primo momento in cui non noi – le solite organizzazioni e associazioni impegnate su questo fronte -, ma insegnanti e mamme hanno cominciato a dire: «Guardate che forse qualche prospettiva di speranza ci può essere, che i figli di questa gente magari possono avere un futuro diverso dei loro genitori…». Credo che l’unica speranza di cambiamento è che dall’opinione pubblica nasca una sensibilità diversa che porti a chiedere conto che tutti i soldi spesi per gli sgomberi – che sono della cittadinanza – non hanno prodotto risultati e non tutelano più di tanto la sicurezza degli italiani. Diventano invece sinonimo di abbrutimento, di degrado del modo in cui questa gente vive. Non ignoriamo che questa linea dei “duri e puri” dello sgombero selvaggio è stata sempre giustificata dal fatto che l’opinione pubblica la vuole, che l’appoggia.Busnelli. Io non sono così convinta, perché anche l’opinione pubblica incomincia a essere stufa, per la ferocia e la modalità degli sgomberi. Se uno ha un minimo di senso civile non può accettare il linguaggio con cui vengono descritti questi fatti. Ho sentito diversi interlocutori che non accettano più questa modalità: per quanto queste persone possano dare fastidio e sono sicuramente d’ingombro, però anche l’opinione pubblica non ne può più di questa caccia continua. Bisogna far leva su questo: penso che ci sia anche un buono strato della società civile che invece queste cose non le accetta. Però non dobbiamo più parlare alle istituzioni, ma alla società civile.Cimoli. In via Rubattino la Comunità di S. Egidio, insieme ai Padri Somaschi, ha lavorato come ponte con le persone. I rom non sono più stati un’entità astratta e altra, ma sono diventati compagni di scuola e genitori che venivano a prenderli. Quindi sono diventate persone, esseri umani con i quali esistevano rapporti. Per questo mamme e insegnanti si sono chiesti perché devono essere perseguitati, facendoli diventare il nemico di cui aver paura. Non siamo più riusciti a fare in tempo le iscrizioni perché gli sgomberi sono sempre più frequenti. Chi li conosce ha uno sguardo diverso e si schiera per il rispetto dei diritti fondamentali. In questo modo credo che la società civile cambi. All’interno delle comunità rom rumene c’è una povertà che ci eravamo dimenticati nelle nostre città. Così, da un lato, una domanda evangelica di come rispondere ai poveri che saranno sempre accanto a noi, ma nello stesso tempo una possibilità anche civile, laica, di parlare con tanta gente, avvicinando i rom, rendendoli prossimi.Colmegna. Sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione Rom è difficile, perché è innegabile che il clima non è favorevole a loro. Ma non è impossibile. Si può puntare su due aspetti: uno pratico e uno culturale. Il primo: bisogna cominciare a quantificare i costi degli sgomberi del Comune vedendo che non risolve i problemi, perché queste persone si spostano in continuazione, e quantificare invece quello che fa il lavoro sociale con le persone per farle uscire dalla situazione di disagio. Quindi confrontare i due costi e magari la gente comincia a capire che forse conviene investire di più sul lavoro sociale perché toglie persone dalle strade, avvia anche per le famiglie i percorsi di integrazione e rende un po’ più sicura la città, abbassa il livello di paura. La Casa della carità con numeri piccoli lavora per portare le famiglie all’autonomia attivando percorsi di lavoro per gli adulti e un’attività con le donne e i bambini che vanno a scuola. Sul piano culturale bisogna non dimenticare che forse ci si assuefa a certe cose, perché qui si parla comunque di violazione dei diritti umani, di rispetto che non c’è per la persona.Continua a leggere… – Anna Busnelli ed Elisabetta Cimoli –