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Il cardinale Colombo

Rettore in Seminario
attento alle doti di ciascuno

Una missione protrattasi per quasi un quarto di secolo a Venegono, dalla guida del liceo a quella della comunità di teologia

di Umberto DELL’ORTO

6 Novembre 2012
il card. giovanni colombo si intrattiene con la gente.

Nell’agosto 1939 a don Giovanni Colombo, prete da tredici anni, giunse inaspettata la nomina a rettore di liceo del Seminario di Venegono. Aiutato da un sacerdote saggio quale monsignor Figini, preside della Facoltà teologica di Venegono, egli non solo l’accettò, ma al nuovo incarico dedicò tutto se stesso. Prese così avvio una missione che durò quasi un quarto di secolo, poiché dopo quattordici anni di rettorato in liceo, per altri dieci anni fu rettore maggiore dei Seminari milanesi, con la responsabilità di guidare la comunità di Teologia a Venegono.

Grazie a diverse testimonianze e grazie agli studi di Inos Biffi, è possibile ricostruire le caratteristiche del rettorato di Giovanni Colombo. In primo luogo, egli fu un rettore attento alla fisionomia dei singoli seminaristi, cercando di promuovere le doti di ciascuno, nella consapevolezza che, mediante una tale pedagogia, la responsabilità di ciascuno si sarebbe pienamente sviluppata.

Questa attenzione rivolta al singolo, è spiegabile anche conoscendo un tratto della biografia di Colombo. Nelle ultime tre classi delle elementari, egli ebbe una maestra, suor Maria Michele Carando, che lo valorizzò proprio grazie a una pedagogia personalizzata. Al contrario, entrando nel Seminario ginnasiale di Seveso, il giovane Colombo si sentì trattato come uno dei tanti, subendo – come confesserà l’interessato ripensando a quegli anni – una regressione nel proprio sviluppo umano e culturale. Da rettore egli volle evitare che i suoi seminaristi incappassero in una simile esperienza.

Così pure volle far fronte a un limite che egli riteneva essere presente nella tradizione educativa del Seminario di Milano, la cui proposta è composta da tre settori, quello della vita in comune, quello della scuola e quello della preghiera, della liturgia, della vita spirituale personale. Da tale suddivisione si poteva, secondo la valutazione di Giovanni Colombo, giungere a un esito negativo, cioè a una separazione dei tre ambiti, con la conseguenza che l’educazione seminaristica mancasse di quella unitarietà a cui, prima in liceo e poi in teologia, egli mirò. Per esempio, tra il 1947 e il 1948 in liceo incaricò tre suoi confratelli (don Giovanni Cipolla, don Giuseppe Lattanzio, don Ugo Ronchi) di essere contemporaneamente inseriti nella vita comunitaria, come vicerettori, e di essere professori; in questo modo si poteva creare una saldatura tra due settori della proposta educativa del Seminario.

Appena nominato rettore maggiore, chiese a don Costantino Oggioni, insegnante di teologia dogmatica, di essere padre spirituale: di nuovo una scelta che andava nella prospettiva di creare dei legami, in questo caso, tra formazione culturale e formazione spirituale e liturgica. Da parte sua, il rettore Colombo ideò le conversazioni della domenica sera, in cui trattava i più svariati argomenti, così da contribuire ad unificare la proposta educativa.

Altre due costanti attenzioni pedagogiche contrassegnarono il rettorato di Giovanni Colombo. In primo luogo egli sempre presentò ai seminaristi Gesù Cristo come persona concreta, con la quale stabilire un rapporto personale. Inoltre, egli lanciò diverse iniziative e dedicò parte delle sue conversazioni domenicali a istruzioni molto concrete, con l’intento di formare nei seminaristi un’umanità a tutto tondo. Se le prime due caratteristiche del metodo educativo del rettore Colombo sono state qui svolte con una certa attenzione, di queste due si fa solo cenno.