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Testimonianza

«Quando sembra di fallire
qualcosa invece rimane»

L’esperienza di Ilaria e Antonio che da anni accolgono in affido, con forme diverse, minori di ogni età. Oggi oltre alle due figlie vivono con loro due gemelline africane

di Luisa BOVE

28 Gennaio 2013

Ilaria e Antonio sono sposati da quasi 17 anni, hanno due figlie, Alice di 12 e Anna ne compie 9. Hanno alle spalle diverse esperienze di affido e nonostante le fatiche il bilancio è assolutamente positivo. Nel 2009 hanno avuto in affido due gemelle, originarie del Camerun, che allora avevano 3 anni e mezzo e vivevano in una comunità in Italia. «La decisione l’avevamo già presa anni fa, ancora prima che nascesse Alice – racconta Ilaria -, avevamo accettato un affido part-time di un bambino di tre anni che ci impegnava solo nelle vacanze estive e invernali perché i genitori con tre figli non riuscivano a gestire tutti».

Dopo un periodo di interruzione hanno aderito al progetto «Bed and breakfast protetto» del Cam, il Centro ausiliario per i problemi minorili, rivolto a ragazzi adolescenti dai 15 ai 18 anni o fino a 21 con il prosieguo amministrativo. «Sono ragazzi troppo grandi per andare in comunità o in affido e quindi vengono accolti in famiglia», spiega Ilaria. Hanno la cena assicurata, il posto letto e la colazione, per il resto della giornata vanno a scuola o a lavorare. «È emotivamente meno impegnativo per loro e intanto imparavano a diventare grandi in vista dell’autonomia. Abbiamo vissuto questa esperienza con un ragazzo per 8 mesi e con un altro per due anni».

Un’esperienza molto faticosa che ha indotto Antonio e Ilaria a prendersi una pausa. Nel frattempo è nata Anna, la seconda figlia. Poi cinque anni fa la più grande ha chiesto ai genitori: «Ma non c’è più nessuno che ha bisogno di una famiglia?». E così, tutti d’accordo, hanno deciso di riaprire la porta di casa. Dopo sei mesi di burocrazia sono arrivate due gemelline africane, che oggi hanno 7 anni e mezzo. «Questo affido sta andando molto bene», spiega Ilaria. Rispetto a quando le bambine erano in comunità, la madre ha iniziato a incontrarle: prima allo «Spazio neutro», un luogo protetto alla presenza di educatori, poi ogni 15 giorni da sola e ora le figlie vanno da lei tutti i fine settimana.

«In tre anni e mezzo questa donna ha fatto davvero un grande cammino – continua Ilaria -, ammette che stava male quando le hanno portato via le figlie di sei mesi e che hanno fatto bene, perché non era in grado di tenerle. Ma adesso si sente molto più capace ». All’inizio non è stato facile comprendere i comportamenti reciproci, anche a causa delle distanze culturali. «Per noi per esempio era incomprensibile che la madre, vedendo le figlie ogni due settimane, trascorresse tutto il tempo a fare le treccine. Poi abbiamo capito che è un modo di comunicare e di trasmettere la loro tradizione».

«Ora andiamo molto d’accordo – assicura Ilaria -, la madre è molto attenta perché vuole bene alle sue bambine. Per lei è stato importante confrontarsi con noi, ma dice sempre che se fosse rimasta in Africa tutto il villaggio si sarebbe occupato delle sue figlie. Quindi è normale che ci sia una famiglia che la affianca ». Il periodo di affido, che per le gemelle era previsto almeno fino alle medie, a questo punto potrebbe ridursi e «per noi questa sarebbe una grande soddisfazione », dicono i genitori. «Certo siamo stati fortunati, perché è un affido consensuale, non imposto dall’alto, e questo aiuta il rapporto tra la famiglia affidataria e quella di origine».

Ilaria e Antonio ammettono che non è sempre facile conciliare gli impegni di 4 figlie tra scuola, dentista, piscina, pallavolo…, «però si può fare» e poi «abbiamo anche gli amici che ci aiutano». «Anche quando sembra di non dare niente e in certi momenti ti senti un disastro, alla fine semini e qualcosa rimane ». Ne hanno avuto conferma quando il ragazzo marocchino ospitato 9 anni fa per 8 mesi in «Bed and Breakfast» è tornato a far visita. «L’esperienza con lui – dicono – ci era sembrata un fallimento, ma più di un anno fa ci ha telefonato (quindi aveva tenuto il nostro numero) ed è venuto a trovarci con sua madre, che nel frattempo era riuscito a farla arrivare in Italia. Lei continuava a ringraziarci nella sua lingua e per noi è stato un momento bellissimo».