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«Per comprendere a quale speranza vi ha chiamati»

VII Domenica di Pasqua – Visita Pastorale (Decanato di Oggiono), Comunità Pastorale “Madonna del Sasso” – Colle Brianza, 1° giugno 2025

1 Giugno 2025

1. La Visita Pastorale

La Visita Pastorale è l’occasione per dirvi: “Voi mi siete cari. Voi mi state a cuore”. Normalmente il Vescovo esprime la sua sollecitudine per le comunità inviando i preti e coloro che ricevono dal Vescovo il mandato di prendersi cura della Chiesa nel territorio. La Visita Pastorale è l’occasione per dirlo di persona.

La Visita Pastorale è l’occasione per esprimere e raccomandare la consapevolezza di essere parte della Chiesa di Milano, e di essere inseriti nella comunione cattolica. Le presenze e la storia della comunità comprende una vocazione a tenere insieme l’attaccamento alla propria Parrocchia e ad allargare gli orizzonti per una pastorale di insieme nella Comunità Pastorale, per una pastorale giovanile e iniziative a livello decanale ed a tener vivo lo sguardo sulla missione ad gentes nella Chiesa universale.

«La comunità è formata da tre parrocchie, ognuna con la propria storia e identità, ma unite dal desiderio di una fede condivisa, nella corresponsabilità, nella fraternità e nella collaborazione reciproca. […] il punto di partenza è stato quello di cercar di fare unità tra le tre parrocchie che fino al 1998 avevano ciascuno il proprio parroco. Dopo anni di impegno possiamo dire di esserci “quasi” riusciti» (Relazione del Consiglio Pastorale).

Siate consapevoli, siate fieri, siate disponibili per una vita della Parrocchia che sia inserita nella vita della città, nei rapporti con le altre Parrocchie del territorio, nel Decanato, nella Diocesi che è la Chiesa locale nel suo mistero e nella sua configurazione reale, all’interno della Chiesa Cattolica.

La Visita Pastorale è il momento per ascoltare insieme la Parola di Dio, quello che il Signore vuole dire, oggi a questa comunità, nella celebrazione della Messa domenicale.

 

2. La gente preferisce essere disperata

Sembra che la gente preferisca essere disperata. Essere realisti – si pensa – significa rassegnarsi. Essere intelligenti significa non credere a niente. Per quelli che preferiscono essere disperati, rassegnati, agnostici, risulta evidente che siamo tutti destinati a morire e con la morte si finisce nel nulla. In verità nessuno sa dove si va a finire: certo si può documentare scientificamente che gli elementi di cui è fatto il corpo si trasformano oppure finiscono in cenere.

È meglio essere disperati – pensa tanta gente. E perciò non impegnarsi in nulla, evitare di generare futuro, avere bambini, dedicarsi a una missione, tanto poi tutto va a finire nel nulla.

 

3. Che cos’è la speranza?

C’è una alternativa alla disperazione? Possiamo avere motivi di speranza? Oggi la parola speranza è di attualità perché Papa Francesco ha intitolato il Giubileo alla speranza: Spes non confundit. Ma per la gente che preferisce essere disperata, che cos’è la speranza?

È fragile la speranza intesa come impegno ad essere fiduciosi, responsabilità di sostenere la fiducia degli altri, aspettativa di un domani migliore, sguardo positivo sul presente e sul futuro. Questa speranza sembra più vicina all’illusione che a un fondamento per una speranza credibile.

Paolo nella lettera agli Efesini dice della speranza come di una risposta alla chiamata: «Vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione […] illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati»

 

4. C’è una parola che chiama

Può suonare strana la voce che smentisce la disperazione e chiama alla speranza. L’annuncio che Gesù è vivo, siede alla destra del Padre, è risorto e noi con lui risorgeremo è il fondamento della speranza. Ma i Giudei che ascoltano la predicazione di Stefano non possono sopportare questo discorso e «gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui».

Molta gente è così convinta che la morte vinca su tutto da ritenere impossibile e incomprensibile la risurrezione. Così erano anche i discepoli di Gesù quando Gesù si presentò a loro vivo dopo la sepoltura ed il Vangelo registra la fatica, le resistenze e persino lo spavento nel momento dell’apparizione del Risorto.

 

5. Testimoni della speranza

Coloro che hanno incontrato Gesù sono incaricati della testimonianza, di esporsi anche a coloro che preferiscono essere disperati per portare la parola che chiama alla speranza. Come faremo?

I segni della presenza cristiana e della fecondità della tradizione cristiana in questi paesi continuano a parlare nel nostro tempo: «Il cuore spirituale della nostra comunità è il Santuario della Madonna del Sasso, luogo amato dalla devozione popolare che da secoli accompagna il cammino della nostra gente. Ogni anno nel mese di luglio celebriamo la festa della Madonna con il tradizionale pellegrinaggio della statua, che attraversa simbolicamente tutte e tre le parrocchie: un gesto semplice ma profondamente significativo, che ci ricorda come, sotto lo sguardo di Maria, siamo davvero un unico popolo in cammino» (Relazione del Consiglio Pastorale).

Come faremo a curare che la fede dei padri continui ad alimentare la speranza delle nuove generazioni? In particolare come potremo «coinvolgere maggiormente le giovani famiglie»? Non basterà la proclamazione della verità.

  • L’affidamento alla preghiera di Gesù. Gesù prega per i suoi discepoli: la nostra missione e la nostra vita sono dentro la preghiera di Gesù;
  • La comunione tra i discepoli: «Tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato […] siano una cosa sola, come noi siamo una cosa sola […] siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me».
  • La speranza di vita eterna, la speranza di partecipare alla gloria di Gesù risorto: Stefano «fissando il cielo vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio».