Domenica 28 giugno il cardinale Angelo Scola si recherà a Zivido di San Giuliano Milanese (Milano). Alle 10 celebrerà la messa nella parrocchia di S. Maria in Zivido (via Corridoni, 43) per la dedicazione della chiesa. Spiega il parroco don Franco Donati: «È stata costruita nel 2008 e fa parte di un itinerario voluto per Expo tra le chiese contemporanee della Diocesi: nel mese di ottobre ospiteremo un concerto».
Come vi siete preparati per questo momento?
Abbiamo cercato di aiutare la comunità a prendere coscienza di come la consacrazione della chiesa e dell’altare siano un segno concreto dell’esistenza della comunità parrocchiale, il luogo in cui si incontra il Signore nella preghiera e ci si ritrova come fratelli. Come la casa è un luogo privilegiato per una famiglia, perché in essa ci si riconosce e si cresce, così la chiesa è una comunità di persone che si aiutano nel pregare e nel vivere la carità fra loro e con gli altri. La visita dell’Arcivescovo è molto importante perché è il Pastore della diocesi, segno di comunione con tutte le altre parrocchie.
Come siete organizzati sul vostro territorio?
La città di San Giuliano ha sette parrocchie. Questa è l’ultima nata ed è il frutto dello sviluppo edilizio. Prima infatti qui abitavano circa 700 persone. Oggi siamo intorno ai 6.500 – 7 mila abitanti. La maggior parte delle persone che vivono qui sono figli e nipoti di immigrati dal sud Italia, trasferitisi a Milano negli anni Cinquanta e Sessanta. Una caratteristica della nostra parrocchia è che sul nostro territorio abbiamo un cammino neocatecumenale che attualmente riunisce 5 comunità e un buon numero di giovani, che vengono anche da San Donato e San Giuliano. È un gruppo attivo nella fede che cerca di andare più a fondo rispetto alla normale attività parrocchiale. Ci sono poi persone che aderiscono singolarmente a realtà di volontariato e molti si impegnano con diversi incarichi in oratorio e in parrocchia.
La crisi economica si è sentita molto da voi?
Sì, abbastanza. Sul nostro territorio c’è un’area vasta occupata da officine e magazzini, spesso usati da aziende che si occupano di logistica e trasporti. Negli ultimi due o tre anni alcuni di questi hanno chiuso. La Caritas cittadina si è attivata per aiutare le persone più bisognose.
Immigrati: a che punto siamo?
Non ci sono molti stranieri. La situazione è molto diversa dal centro di San Giuliano. Da noi sono dislocati in complessi popolari, ma si parla di 10-12 famiglie su circa 200. E comunque si trovano in edifici diversi. Il problema non si sente direttamente. Le nazionalità più presenti sono quelle dei Paesi dell’Est, in particolare rumeni e ucraini. Si tratta soprattutto di donne che lavorano come colf e badanti, ben integrate nella comunità.
I giovani frequentano con regolarità?
Negli ultimi cinque o sei anni c’è stata un’enorme crescita di questa fascia d’età. C’è una presenza viva di preadolescenti, adolescenti e giovani. Prima ero qui da solo, ma da quando è iniziata l’attività della nuova chiesa e del nuovo oratorio le persone sono aumentate ed è arrivato un coadiutore. In queste settimane è in corso l’oratorio estivo, che sta registrando una buona presenza. La frequenza durante il resto dell’anno è un po’ come altrove: il 15% rispetto al potenziale. Le attività sono ancora in fieri. La parte dell’oratorio al momento prevede un centro ricreativo con un salone e aule per la catechesi e gli incontri: ci stiamo organizzando un po’ alla volta. Non ci sono ancora veri e propri gruppi sportivi, anche se i ragazzi si trovano spesso qui per giocare.
Ci sono molti anziani?
Moltissimi. Organizziamo incontri e intere giornate dedicate a loro, come la “Festa degli anziani”. Chi può, partecipa alla vita della comunità.