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Nota Pastorale sul Patto del lavoro di Milano

Sul "patto del lavoro" di cui si è parlato molto, riteniamo che si debbano fare alcune puntualizzazioni che aiutino a capire e probabilmente a ridimensionare le diverse valutazioni date. Il recente accordo per il "Patto del lavoro" prevede la possibilità per le aziende di assumere lavoratori con contratto a termine. Ma il rapporto di lavoro è impostato su soggetti appartenenti alle "fasce deboli" da inserire in progetti di lavoro definiti, verificati e approvati nella loro fattibilità da tutte le parti contraenti. Continua a leggere!

31 Marzo 2003

Sul "patto del lavoro" di cui si è parlato molto, almeno per un anno a Milano, riteniamo che si debbano fare alcune puntualizzazioni che aiutino a capire e probabilmente a ridimensionare le diverse valutazioni date. Il recente accordo per il "Patto del lavoro" prevede la possibilità per le aziende di assumere lavoratori con contratto a termine. Ma il rapporto di lavoro è impostato su soggetti appartenenti alle "fasce deboli" da inserire in progetti di lavoro definiti, verificati e approvati nella loro fattibilità da tutte le parti contraenti. Trattandosi di persone in particolare disagio e non facilmente occupabili nel normale mercato del lavoro, l’accordo prevede percorsi formativi e di accompagnamento e l’opportunità di un lavoro nelle realtà cooperative poiché, per la loro particolare e consolidata esperienza di sostegno, permettono il loro avviamento all’accesso normale del mercato del lavoro. Un’esperienza interessante che, pur con tutti i limiti, costituisce una preziosa opportunità per i tanti soggetti deboli che continuano a restare ai margini della società. Nel periodo di avviamento e durante il percorso saranno certamente necessari aggiustamenti e anche possibili modifiche. Se il "Patto del lavoro" ha suscitato perplessità e preoccupazioni da parte del sindacato CGIL e di alcune parti sociali, il vero motivo consiste nel ritenere che l’accordo, come è stato stipulato, non è coperto dall’attuale legislazione del lavoro e quindi introduce una turbativa nell’attuale assetto contrattuale sempre per via di quel tempo determinato che si ipotizza solo per i giovani. Se sono comprensibili le preoccupazioni, il problema di offrire delle opportunità di lavoro a persone in particolare disagio è vero e cruciale. Si scopre così una carenza legislativa e, per la delicatezza della situazione e per la prospettiva di sostenere la speranza di novità e di reinserimento, le forze politiche debbono sentire l’impegno di colmare tale vuoto.

La proposta è sorta per contrapporre ad una diffusa posizione di insicurezza (che colpevolizzava gl’immigrati di tutta la violenza esistente a Milano) una mentalità accogliente che riconosceva nella loro emarginazione una condizione non dignitosa e a rischio qualora fossero restati senza lavoro e senza risorse. Da qui l’ipotesi di organizzare un percorso temporaneo che li mettesse su una pista di inserimento e li aiutasse a trovare una collocazione più adatta nel mondo del lavoro. Ma si è sentita poi l’esigenza di allargare l’impegno e l’attenzione alle "fasce deboli" che a Milano, metropoli ove si rifugiano infinite povertà, come in tutte le metropoli, ci fosse una percorso possibile per chi non era all’altezza di competere nel mercato del lavoro. Si è così via via ipotizzata una pista capace di accogliere le esigenze impegnandosi su tre linee: la domanda di lavoro, la formazione e l’accompagnamento.

1) La domanda o la proposta di lavoro deve venire da progetti "per occupazione aggiuntiva" che non si confondano con operazioni di esternalizzazione di lavoro che Comune o altri vogliano fare. Per operazioni di questo tipo il "patto del lavoro" non è certo lo strumento idoneo

2) Il tempo determinato dovrebbe avere la stessa funzione della prima casa di accoglienza: è il tempo si inserimento con un salario, insieme alla formazione che diventa indispensabile e diversa a secondo delle esigenze: una scuola di italiano per gli extracomunitari, una formazione specifica al lavoro e al progetto che si propone e che dovrebbe comunque attrezzare per una capacità più aperta per l’inserimento qualificato.
continua…