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Milano

Non rassegniamoci all’ineluttabilità del male

Il cardinale Scola, nel Pontificale solenne per la Festa della Dedicazione della cattedrale, ha sottolineato il dovere di una libertà dei cristiani capace di non assuefarsi all’ineluttabilità delle circostanze, e di costruire – reagendo al male – relazioni buone

di Annamaria BRACCINI

16 Ottobre 2011

«Riportare pace e giustizia e reagire costruendo relazioni buone», di fronte all’insensata
e «grave violenza del più comune senso dell’umano».
È il giorno della Dedicazione della Cattedrale, festa di memoria antica e gloriosa per la Chiesa ambrosiana, la terza domenica di ottobre, ma il pensiero non può che andare anche allo “ieri” più immediato, quello segnato dalle guerriglie che hanno devastato il centro di Roma, nell’ottica, tuttavia, di una visione cristiana della vita che ci impegna come testimoni di libertà sovrana da vivere con fiduciosa speranza.
È con questo monito che l’Arcivescovo si è rivolto alle molte migliaia di fedeli arrivati in Duomo da tutta la diocesi per festeggiare la Chiesa Cattedrale, madre e casa di tutti i milanesi. Il Pontificale solenne concelebrato dal Capitolo metropolitano e officiato in latino – come si usa per la Messa capitolare, ovviamente secondo la tradizione ambrosiana post-concliare –, la presenza dei responsabili della Veneranda Fabbrica del Duomo, degli Ordini equestri e cavallereschi, delle Confraternite, dell’Associazione Santa Marta “per l’accoglienza e il cerimoniale”, la bellezza stessa del Duomo, sfolgorante nella luce che, attraverso le vetrate, si fa colore sul rosa-grigio del marmo di Candoglia: tutto richiama una storia di fede ininterrotta da 1600 anni, dai tempi di Attila, della sua distruzione di santa Tecla, basilica matrice; dai tempi di San Carlo, quando più di un millennio dopo, nel 1577, il vescovo santo consacrò l’attuale Duomo il 20 ottobre 1577, nella terza domenica di ottobre. E ancora da quando, il 19 ottobre 1986 il cardinal Martini, consacrò il nuovo altare maggiore.
Lo stesso sul quale il cardinale Scola, celebra il Pontificale appunto nella Festa della Dedicazione della Cattedrale. Con la sua «maestosa solidità», segno del tempio di «pietre vive ed elette», come dice, aprendo l’omelia, l’Arcivescovo. Pietre vive che siamo noi, «poveri uomini con cui il Signore ha edificato il Suo tempio nella storia». Testimonianza, prosegue, che è «la nostra vocazione e il compito che non abbiamo il diritto di disertare».
Un’indicazione importante, anche in questo contesto, per il presente proprio perché, con un preciso significato simbolico, nel giorno della Dedicazione, in tutte le parrocchie, Unità e Comunità pastorali della nostra Chiesa, vengono rinnovati i Consigli pastorali con la scelta dei nuovi membri. Cristiani chiamati a facilitare l’incontro con Dio di ogni nostro fratello, in un’esperienza di libertà che è vera “sovranità”, quale quella del Crocifisso risorto: «Essere “sovrano” infatti non significa dominare il mondo – spiega il Cardinale – ma essere libero dalla logica del mondo per poterlo servire. È questa Sua sovranità che deve esprimere ogni forma di partecipazione nella Chiesa».
Ed è questa anche quella libertà ‘piena’ che ci permette di ‘non assuefarci’, di sfuggire alla “ineluttabilità” di circostanze e situazioni «come se il caso o un destino fatale avesse preso il posto della libertà di Dio e di quella dell’uomo». E il pensiero va subito alla crisi economico-finaziaria, ma anche, appunto, al dolore per i fatti di cronaca di queste ore. «Dio non voglia – scandisce l’Arcivescovo – che con fatalismo abbiamo a comportarci davanti a gravi fatti come quelli successi a Roma ieri. Ci offende profondamente come cristiani la distruzione della statua della Vergine e la profanazione del Crocifisso, ma l’episodio di ieri forse ancor più che offenderci, ci intristisce pesantemente e ci addolora in maniera grave perché esprime una grave violenza del più comune senso dell’umano. Bisogna riportare pace e giustizia e reagire, nel senso nobile della parola, costruendo relazioni buone. Non possiamo subire tutto in modo ineluttabile».
Esistono, infatti, tanti esempi di «fatti e opere buone che dicono questa sovranità sul male dell’umana libertà quando si lascia cambiare dalla grazia di Cristo».
E torna il Cardinale, con la memoria, alle sue visite in diocesi dalla primissima presso l’“Istituto Sacra Famiglia” di Cesano Boscone, con i malati e i volontari, a quelle di questi ultimi giorni, con l’incontro dei sacerdoti anziani e ammalati a Lecco e a Varese.
Esempi reali di una fede e carità affidabili, nota. Quelle che rimangono, attraverso i tempi, come testimonianza viva nei Pastori della Chiesa di Milano, come i beati Schuster e Ferrari, di fronte alle cui urne il loro attuale successore sulla Cattedra di Ambrogio e Carlo, si inginocchia e prega, cosi come sosta in silenzio davanti alla sepoltura del cardinale Colombo.