Il 40% delle opere trafugate in Italia proviene dalle chiese. Per ridurre il rischio di furto bisogna osservare le strutture e i beni con gli “occhi del ladro”. Sembra un suggerimento alla Scherlock Holmes, o a pellicole cinematografiche dal sapore neorealistico. Invece è scritto nero su bianco nelle “Linee guida sulla tutela dei beni culturali ecclesiastici”, presentate alla Biblioteca Angelica di Roma alla presenza del segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, del ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini, e del Comandante dell’Arma dei Carabinieri, generale Leonardo Gallitelli.
Nel testo, come ha sottolineato mons. Galantino, si danno indicazioni operative “stringenti”, per scongiurare che quel tesoro prezioso che è il patrimonio artistico e culturale in dotazione alla Chiesa veda messa a repentaglio la propria sopravvivenza. Nelle Linee-guida, realizzate dal Comando Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale in collaborazione con l’Ufficio nazionale per i beni culturali ed ecclesiastici della Cei, si parla di sistemi di sicurezza “antintrusione” da installare nelle chiese e si invita a diffidare dell’espressione “tutto è sotto controllo”. Niente improvvisazioni né “pressappochismo”, insomma: nessun particolare deve essere trascurato, dalla vigilanza sull’afflusso dei fedeli fino alla salvaguardia dal degrado ambientale. Vediamo come.
Buon senso e pragmatismo. Non c’è differenza “in ordine alla vulnerabilità dei beni artistici e culturali custoditi in musei, edifici di culto, biblioteche e archivi”. È il punto di partenza delle Linee-guida, in cui si spiega che la procedura prevista per la prevenzione dei furti negli edifici di culto può essere applicabile anche per i musei, le biblioteche e gli archivi.
L’inventariazione dei beni culturali ecclesiastici, che grazie a “Beweb”, la banca dati messa a punto dal competente Ufficio Cei, ha permesso di catalogare fino ad oggi 4mila beni (ma il processo è in continua evoluzione), deve essere completata “da un’attenta analisi dell’effettivo rischio, determinato anche dall’interesse criminale”. “Buon senso e pragmatismo”, le due parole-chiave, che negli archivi e nelle biblioteche si traducono ad esempio in rigidi controlli in entrata e in uscita per preservare l’integrità dei beni presi in prestito.
Presidiare la chiese. Le chiese “sono luoghi accessibili e aperti a chiunque, anche ai visitatori con intenti predatori”, e la chiesa non frequentata “favorisce il malintenzionato”. Di qui l’indicazione di coinvolgere il mondo dell’associazionismo e del volontariato “culturale e cattolico” nella vigilanza nelle chiese: “Persone di fiducia appositamente incaricate o di fedeli che la frequentano sono il più efficace mezzo per evitare i furti e i danneggiamenti nelle ore di apertura”.
Il momento critico è la chiusura delle chiese: ci si può non accorgere delle persone nascoste alle spalle di una colonna, all’interno di un confessionale, dietro all’altare o all’organo… L’incaricato della vigilanza deve “cambiare ogni giorno l’itinerario di controllo” per evitare che estranei restino in chiesa durante le ore di chiusura. In queste fasi, è consigliabile che abbia con sé, oltre a una torcia, un telefono cellulare per chiamare il 112, se necessario. Non mancano suggerimenti su come trattare al meglio i beni culturali “pregevoli e facilmente asportabili”: sostituirli con delle copie, spostarli nel Museo Diocesano, non collocarli in luoghi facilmente accessibili come vicino alle scale.
Rendere la vita difficile ai ladri. Porta “rinforzata” o, se possibile, blindata e serratura antiscasso “con chiavi a duplicazione controllata”. Sono i due requisiti essenziali per mettere in sicurezza gli edifici. “Per rendere difficoltosa l’azione di scasso”, basta “rimuovere la testa delle viti o utilizzare viti di sicurezza”. Si deve poi ispezionare periodicamente i “punti di bloccaggio”, sul pavimento o sul muro, delle porte e delle finestre; custodire le chiavi “in un luogo sicuro”; limitare al massimo le persone che conoscono i codici di sicurezza e sostituirli periodicamente; curare la manutenzione ordinaria degli impianti. I sistemi di “antintrusione” e di sorveglianza, con rilevatori e sensori, migliorano la sicurezza nei luoghi di culto, a patto però di evitare “falsi allarmi” verificando che le porte e le finestre siano perfettamente chiudibili e gli infissi ben saldi.
Barre a tecnologia infrarossa e vetri di sicurezza possono servire a tutelare un bene di particolare pregio. La sirena d’allarme, dotata di lampeggiante, deve essere posta “in posizione sufficientemente alta da non poter essere disattivata”. La videosorveglianza, inoltre, “oltre a un’efficace funzione di prevenzione dei reati, riveste un’indubbia valenza in termini repressivi”, ma le telecamere vanno posizionate in modo da evitare che possano essere disattivate.
Come comportarsi in caso di furto.
La prima cosa da fare in caso di furto è attivare il collegamento al 112, il numero del pronto intervento dei Carabinieri, al proprio sistema d’allarme. Ma prima bisogna accertarsi di preservare la scena del reato, “astenendosi dal toccare o spostare oggetti” fino all’arrivo dell’Arma. Per prevenire gli incendi, invece, è opportuno controllare periodicamente il parafulmine e i dispositivi elettrici, integrando gli impianti di allarme antintrusione con l’installazione di rilevatori d’incendio e fumo . Molta attenzione va posta, infine, a preservare le opere d’arte dal degrado ambientale, monitorando costantemente gli edifici che li ospitano.