La presenza del Papa a Milano nei giorni del Family aveva un duplice obiettivo, spiega don Mario Antonelli, teologo e docente in Seminario, «per l’Incontro mondiale delle famiglie e per una visita pastorale come successore di Pietro alla nostra diocesi». Ma aveva «un unico desiderio», quello di «confermare nella fede i suoi fratelli, in conformità con il compito apostolico che in modo singolare Gesù aveva affidato a Pietro».
Un unico messaggio, ma declinato in modo diverso…
Sul versante dell’Incontro mondiale delle famiglie il Papa ha ribadito che la fede germoglia e cresce in particolare nell’esperienza familiare, con tutta la sua bellezza ma anche con le ferite, le fatiche e addirittura i fallimenti. Rispetto alla visita pastorale, Benedetto XVI ha confermato anzitutto la fede popolare, che si è manifestata in modo molto vistoso e al tempo stesso discreto e intenso. Ma questa fede è alle prese con la morsa di una crisi profonda a livello di valori, di passaggio epocale e di grande tribolazione, di cui la crisi economica è soltanto un segno.
Il Papa ha avuto parole di incoraggiamento anche nei confronti del clero milanese, dei consacrati e delle religiose…
Sì, il Papa è venuto anche a confermare nella fede noi, suoi fratelli, operatori pastorali e preti in particolare, perché sapeva bene che di questi tempi la nostra fede è messa alla prova, soprattutto per quanto riguarda la comunione gerarchica, che qualche volta viene insidiata, quasi torchiata da voci e interventi che scuotono e ci lasciano esterrefatti. Stiamo davvero camminando all’ombra della croce in questa comunione ecclesiale…
In quei giorni anche la Santa Sede era nell’occhio del ciclone…
Non a caso il Papa non ha mancato di ribadire come la fede del popolo di Dio in Milano e quindi degli operatori pastorali, uomini e donne più esposti anche in ministeri di coordinamento e di servizio per l’unità della Chiesa, ha le sue radici profonde in una tradizione che non può essere disprezzata o messa in cattiva luce da nessuno.
Parlando in piazza Duomo e poi agli amministratori, Benedetto XVI ha riconosciuto il ruolo positivo della città, crocevia di popoli e di culture, e ha ribadito l’importanza di politiche familiari e di attenzione al bene comune.
L’immagine è quell’icona che il Papa stesso ha abbozzato: il Duomo, nella sua figura architettonica, dice di uno slancio verso il cielo e quindi di una Chiesa impegnata a invitare la società civile a guardare in alto. La comunità cristiana svolge il suo compito di ispirazione e di promozione, perché Milano ha questa vocazione storica di essere crocevia di popoli e di culture. È molto bello anche il richiamo del Papa alla sintonia, alla collaborazione, al dialogo tra la Milano positivamente laica e la Milano della fede. Abbiamo una storia di cattolicesimo che in Milano si è trovato particolarmente benedetto da tanti uomini di Dio che ci hanno educato fino a oggi a essere credenti che pensano. Per questo abbiamo la capacità di ispirare e di promuovere anche gli interventi più coraggiosi della società civile e dell’amministrazione pubblica riguardo alle politiche familiari e al bene comune. Abbiamo una bella storia di dialogo e di confronto aperto, coraggioso e profetico, tra la Milano laica e la Milano della fede. Siamo una Chiesa che, grazie a Dio, non ha messo all’incanto il pensiero in nome della fede, ma in quanto credenti siamo capaci di pensare e siamo gelosi del nostro pensiero nobile, alto, profondo e concreto.
Oltre che di Chiesa ambrosiana a fianco di chi soffre (persone sole o in difficoltà, disoccupati, ammalati, carcerati…), Benedetto XVI ha sottolineato anche la ricchezza di fede e di testimonianza.
La ricchezza di fede e di testimonianza, che come Chiesa ambrosiana abbiamo ricevuto in dono da Dio, viene riconosciuta a ogni latitudine. Ma ogni ricchezza è autenticamente tale se non viene trattenuta, ma messa in circolo per arricchire anche altre esperienze, altre Chiese e gli uomini sparsi per il mondo. Io auspico una comunicazione più agile e più intensa così che ci sia uno scambio di tutte le ricchezze presenti nella nostra Chiesa ambrosiana, come pure nelle altre. Mentre assistevo in diretta in televisione al concerto alla Scala in onore del Papa c’è stato un momento in cui mi sono commosso, anche perché erano i giorni successivi al terremoto. L’intervento di Benedetto XVI è stato sorprendente, perché ha mostrato il volto della Chiesa che partecipa sinceramente alla tragedia dell’uomo di oggi. Egli ha dato voce anche alle domande dell’uomo dell’Emilia torchiato dal terremoto, l’uomo che si inarca verso il cielo e pronuncia le parole tragiche di chi addirittura questiona Dio, di chi mette in discussione Dio… Il Papa parlava dell’ipotesi di un Padre buono sopra il cielo stellano che ci pare discutibile, ma poi invitava a ritrovare il Dio vicino, il Dio che partecipa al nostro dolore, che soffre con noi. La serata alla Scala è stato un momento molto alto della sua presenza a Milano in cui è entrato nella dinamica della coscienza dell’uomo che spesso è stritolato dal soffrire anche ingiusto.
Parlando durante la veglia a giovani coppie e a famiglie, come pure a tutti i fedeli che hanno partecipato a Bresso alla messa conclusiva del Family, il Santo Padre non si è rivolto solo ai presenti ma a tutto il mondo…
Pensando a tutto il mondo, al mio Brasile e a tante esperienze di Chiese che ho intercettato in questi anni, la parola bella che ci ha consegnato il Papa è che l’amore coniugale e familiare cresce come determinazione di se stessi, come desiderio profondo che muove la volontà. Ho l’impressione che a ogni latitudine sia importante il richiamo del libro della Genesi che raccomanda una estrema vicinanza, che l’amore coniugale e familiare non venga a inaridirsi in un dispotismo dell’emozione, che non si scambi l’amore che regge una famiglia con un’emozione passeggera, stagionale, dove in fondo non si impara a volere il bene dell’altro e dei figli. È molto importante quindi quel richiamo energico del Papa a cercare la novità bella della vita coniugale e familiare. Certamente si nutre e si avvantaggia dell’innamoramento, delle emozioni, ma è chiamata a diventare una adulta, giocando se stessi in un fascio di relazioni proprie dell’esperienza familiare.
Il Papa ha avuto parole di conforto anche verso le famiglie in difficoltà…
Noi siamo frastornati di casi di fallimento familiare o coniugale, ma nel Sud del mondo le Chiese sono messe molto peggio. È stato molto importante e gravido di speranza per tutte le Chiese il richiamo del Papa a qualcosa che a noi operatori pastorali parrebbe un’ovvietà, ma che a livello di coscienza popolare è ancora abbastanza sconosciuta o non così sentita. Cioè il richiamo di questo permanere nella Chiesa anche di chi ha fallito nella sua avventura coniugale e familiare. Il Papa si è spinto addirittura a dire che, coloro che hanno fallito e ne patiscono ancora le conseguenze, si trovano nel cuore della Chiesa. Si tratta da parte nostra di accogliere questo invito pressante del Papa a una coscienza popolare che invece qualche volta ritiene che chi ha fallito sia “fuori”, scomunicato. A noi spetta il compito di ascoltare la sofferenza di tante persone e di coglierne il desiderio profondo, le istanze più belle e accompagnare con molta discrezione e compassione i loro cammini, cercando anche di aiutarle a discernere i motivi di certi fallimenti.