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10 maggio

La scuola italiana incontra
papa Francesco

Dalla Diocesi in partenza per Roma oltre 12 mila persone, 1800 delle quali viaggeranno in treno con don Michele Di Tolve, responsabile del Servizio per la Pastorale scolastica e l’Irc

di Luisa BOVE

6 Maggio 2014
Pope Francis waves as he driven through the crowd during his general audience, in St. Peter's Square, at the Vatican, Wednesday, March 27, 2013. (AP Photo/Gregorio Borgia)

Conto alla rovescia per il grande incontro del mondo della scuola con papa Francesco in programma il 10 maggio in Vaticano. Dalla Diocesi ambrosiana partiranno 12.111 persone, di cui circa 1800 in treno con don Michele Di Tolve, responsabile del Servizio per la pastorale scolastica e l’Insegnamento della religione cattolica. In vista di questo questo evento la Diocesi ha organizzato un articolato cammino di preparazione, iniziato il 22 gennaio scorso in Duomo con un incontro col cardinale Angelo Scola rivolto ai rappresentanti delle associazioni e federazioni di docenti, genitori, dirigenti e operatori.

Dopo l’intervento dell’Arcivescovo – dal titolo “Perché nessuno vada perduto: quale scuola vogliamo?”(in allegato nel box in alto a sinistra) -, il cammino è proseguito nei mesi di febbraio e marzo con serate di confronto nelle Zone pastorali alla presenza del Vicario episcopale per l’Evangelizzazione e i sacramenti, monsignor Pierantonio Tremolada, e dello stesso don Di Tolve, e l’ampio coinvolgimento delle realtà associative degli operatori del settore (alcuni materiali di informazione, approfondimento e di riflessione sono allegati nel box in alto a sinistra). Gli incontri, sempre molto partecipati da insegnanti, dirigenti scolastici, genitori e operatori del settore, prevedevano una breve riflessione di monsignor Tremolada «alla luce della Parola di Dio sul vostro compito educativo nella scuola», come ha spiegato. Un compito «non facilissimo in questo momento e che a livelli diversi impegna tutti». Tremolada ha ripetuto al pubblico di sentirsi parte della “categoria”, «perché ho insegnato per moltissimi anni con passione», anche se il contesto del Seminario è differente da quello della scuola.

Filo conduttore dei suoi interventi, la figura di Gesù come maestro ed educatore, «per specchiarci e sentirci invitati a dare al nostro compito educativo la giusta prospettiva». Nel famoso brano di Marco (12,13-18) sul tributo da dare a Cesare, emerge come prima caratteristica quella di «essere veritieri» e questo vale anche «per un professore impegnato in un contesto educativo come la scuola». E aggiunge: «A ognuno di noi è chiesto di essere persone vere, che camminano nella via di Dio, che fanno le cose non guardando in faccia a qualcuno o per piacere alle persone, ma rispondendo alla propria coscienza, in dialogo costante con Dio». Se un educatore ha una grande «libertà di cuore – ha detto Tremolada – non se la prende se le persone che ha davanti non sono esattamente quello che si aspetta, non si comportano come vorrebbe, magari contestandolo, ma tutto diventa per lui occasione per svolgere il proprio compito e comprendere sempre meglio il senso di un vissuto».

Anche il brano di Mc 10, sul giovane ricco, ha molto da dire agli insegnanti di oggi. Gesù viene definito “maestro buono”, anche se da questo aggettivo «prende le distanze», indicando Dio come “buono”. «Gesù assume il compito di maestro, ne è consapevole e lo svolge con convinzione e volentieri», ha puntualizzato Tremolada. «Il maestro ascolta volentieri le domande e ha il piacere di rispondere perché una domanda sincera riscatta dalla superficialità e permette di andare in profondità». Nel primo capitolo di Marco (vv. 21-39) Gesù è descritto come uno che «insegnava con autorità». Un’espressione che in greco ha un significato «molto ricco» perché «unisce l’autorevolezza con l’efficacia», ma che andrebbe tradotto anche con «potenza». È ciò che Tremolada ha augurato ai suoi interlocutori, invitandoli anche a essere «insegnanti capaci di un atteggiamento esemplare, mettendo in gioco rispetto, pazienza, lealtà, dedizione».

Di fronte alla donna adultera (Gv 8, 1-11), Gesù vuole insegnare ai suoi interlocutori il «primato della persona», al di là del suo peccato. «Essere maestri – ha ribadito Tremolada – riguarda soprattutto il rapporto con le persone, non prima di tutto la competenza su argomenti, ma la relazione. Il maestro è una persona lucida, non ingenua, che ha una percezione chiara di ciò che si trova a vivere, ma che nella relazione è capace di cogliere ciò che c’è in gioco».

Infine la chiamata di Pietro e la pesca miracolosa narrate dall’evangelista Luca (5,1-11) aggiungono un nuovo tassello alle caratteristiche del maestro Gesù, modello per tutti gli educatori. In questo episodio, che si svolge sulle rive del lago Tiberiade, Gesù parla a destinatari diversi: alla folla e a Pietro. «Il Maestro sa parlare a tutti e ciascuno – ha commentato monsignor Tremolada -, nelle diverse circostanze comunica una parola che non è mai generica, ma personale». E apre a grandi orizzonti, a Pietro dice infatti: “Prendi il largo!”, da intendersi in senso fisico, ma anche figurato. «Questo consentirà a Pietro di entrare nella sua missione: egli diventerà pescatore di uomini. I grandi orizzonti devono coincidere con le grandi ispirazioni di ogni uomo. Ogni vita ha dietro una chiamata che coincide con una missione». E ha concluso: «Anche la nostra vita di insegnanti è una missione».