Share

Testimonianza

La mia serata tra i senzatetto

Una notte per le vie della città, tra i volontari all'unità di strada organizzata dall’Ordine di Malta in servizio con il Comune di Milano

di Victoria SANDOMENICO

15 Dicembre 2013

Mancano pochi giorni a Natale. Per le vie del centro è la corsa all’ultimo regalo. Affacciatevi su via Montenapoleone o su via della Spiga, e sarete sorpresi dal lusso e dalla novità che ogni anno caratterizzano il “quadrilatero della moda”. Tutto fa parte di un’armonia e di una sfarzosità da far invidia a qualsiasi città. Nulla sembra fuori posto. O almeno davanti agli occhi superficiali dei passanti.

In una di queste notti ho partecipato come volontaria all’unità di strada organizzata dall’Ordine di Malta in servizio con il Comune di Milano. Caricato il furgone con scatole di brioches, thermos di the, zucchero, coperte, maglioni e giacche, sono partita carica di energie, ma allo stesso tempo invasa da pensieri e soprattutto da dubbi.

Vengo subito istruita riguardo lo scopo principale della “missione”: rappresentare un punto di riferimento per chi vive in strada. Più facile a dirsi che a farsi. Ma non appena incontriamo i primi senzatetto, la spontaneità prende il sopravvento. Non ci sono schemi, regole che indichino esattamente che atteggiamento avere e in che modo porsi con loro. Certo, ci sono sempre le regole basilari da rispettare: è preferibile non fare l’elemosina, li aiutiamo in un altro modo; non bisogna promettere e soprattutto raccontare cose non vere, per evitare che smettano di fidarsi di noi; dobbiamo tenere a mente che siamo noi a entrare nel loro “territorio” e a chiedere se c’è bisogno di qualcosa. Ma chi vive in strada? I senzatetto, i senza fissa dimora, i barboni, gente che non possiede un’abitazione.

Generalmente deserta verso le 9 di sera, piazza Affari (prima tappa) è invasa da una troupe televisiva intenta a girare un film. Nascosti agli angoli della piazza, individuiamo una coppia di ragazzi sotterrati da coperte e circondati da cani. Denominati di solito “canai” o «scusa hai un euro», accettano volentieri un bicchiere di the caldo e alcune brioches. Non proprio loquaci, sono un po’ addormentati e non abbastanza lucidi, probabilmente a causa delle varie bottiglie di birra che vedo accanto.

Proseguendo per corso Garibaldi, sotto i portici veniamo intrattenuti da Brad (perché lui assomiglia a Brad Pitt) e da altri suoi amici, tutti campioni di bevute iniziate, come ci raccontano, in tenera età. Non tutti sono stranieri, molti sono italiani. Proprio sotto i portici di via Manzoni prendono posto i nostri connazionali. Muniti di tende (dove di solito accolgono anche i cani che incontrano per strada), sono quelli che fanno più baldoria. Tra loro è come una sorta di gara a chi è il più celebre: «A me m’hanno intervistato a “Lucignolo” l’altra sera, so’ diventato ’na star…»; «Io invece ho partecipato al video di Fabri Fibra». Cercano di conquistarti raccontandoti più storie inverosimili possibili.

A un ragazzo balbuziente di Bergamo che mi confessa di avere due figli (uno di pochi mesi) chiedo perché non torna a casa. «Io da quella pazza non ci torno». Ma allora perché non ti rifai una vita? «No, la droga mi ha fatto questo. La droga mi ha distrutto. Io non tornerò mai più come prima». Insomma, a cadere basta un attimo. Per rialzarsi non tutti trovano la forza.

Giuliano invece il lavoro ce l’aveva, e anche le terre. Contadino della Puglia, sin da piccolo aveva imparato a mungere le mucche. Ma oggi vuole “sfondare” come poeta. Recita Vita con una verve da far invidia a Dario Fo. La sua bici, carica di buste della spazzatura e di coperte infangate, è difficile da spingere, ma lui non vuole essere aiutato. Avrà pure 78 anni, ma la forza nelle braccia ancora ce l’ha.

E ancora: il ragazzo slavo dagli occhi blu più belli che abbia mai visto; la cilena Giovanna, con quel cappello unico ricordo del suo Paese; il ragazzo romeno con un occhio nero che sembrava abbia disputato un match al posto di Rocky; o il signore libanese che parla 5 lingue come se fossero la sua lingua madre. Tutti questi pezzetti di vita, di storia, che in una sola notte non arrivi a conoscere completamente, senti che hanno un valore immenso.

Martedì passeggiavo per le vie del centro con il “naso all’insù”, apprezzando gli addobbi e le scenografie appese da un palazzo all’altro. Mercoledì notte mi inginocchiavo per avvicinare una tazza di the a chi non aveva neanche la forza di alzarsi dal materasso. Martedì ammiravo quanto fossero belle e pulite le strade di Milano. Mercoledì, se trovavo una strada sgombra, la evitavo e correvo a cercarne una con ammassi di coperte per terra. Martedì la mia preoccupazione era cercare i regali di Natale, ventiquattr’ore dopo mi stavo preoccupando della salute di uno sconosciuto.

Tutto è sempre stato sotto i miei occhi, ma era facile fare finta di non vedere. Ora invece al di là delle coperte, dei maglioni sudici, delle biciclette-spazzatura, vedo qualcos’altro. Vedo uomini e donne.