«Si costruisce sempre con quello che si ha»: parola di Antonio Santini. È toccato a lui, nei giorni scorsi, raccogliere la sfida di cucinare al Refettorio Ambrosiano con le eccedenze del Supermercato del Futuro di Coop. Lo chef, terzo esponente di una famiglia di cuochi, è arrivato di buon mattino col figlio Alberto da Canneto sull’Oglio, dove il nonno (Antonio anche lui) nel 1925 aprì una trattoria alla buona con la moglie Teresa Mazzi. Quel capanno in riva al fiume sarebbe poi diventato negli anni Settanta il pluripremiato ristorante “Dal Pescatore”, punto di riferimento della cultura gastronomica italiana.
Antonio e Alberto hanno così iniziato a scegliere gli ingredienti con cui realizzare il menù, tra i prodotti di giornata recuperati da Caritas. Quattro bancali di banane troppo mature, altri due contenenti confezioni di hamburger, latte, yogurt, barattoli di olive sott’olio: cibo che si può ancora mangiare, ma prossimo alla data di scadenza e dunque ritirato dagli scaffali.
Ed ecco il menù preparato dal figlio maggiore di Antonio, Giovanni. Come primo piatto “mezzani d’estate, ma anche no”: una pasta fredda arricchita con tonno affumicato, mozzarella, sapori dell’orto e una mousse di broccoletti. Per secondo, un hamburger alla parmigiana, condito con una mousse di mela e cheaps di melanzane. E infine, per dessert, banane flambé accompagnate da gelato e gocce di cioccolata.
«Siamo ristoratori da quattro generazioni: fatto per nulla scontato – racconta Antonio -. Il nostro segreto è stato forse quello di accettare che ogni figlio potesse aggiungere sempre qualcosa di nuovo. D’altra parte il gusto cambia ogni due generazioni. E tre quarti delle cose che faceva mio nonno oggi non ha più senso riproporle. Così diranno probabilmente la stessa cosa i miei nipoti: la tradizione esiste per essere cambiata».
Il Refettorio è una grande provocazione culturale contro lo spreco alimentare. Tema che appassiona l’intera famiglia Santini: «Il cibo trasformato in merce produce una quantità di rifiuti alimentari impressionante. È un sistema eticamente insostenibile, come si capisce benissimo anche visitando il Padiglione Zero a Expo. Bisogna cambiare le cose. Molto concretamente si potrebbe cominciare dalle abitudini alimentari di ciascuno di noi. Anziché cucinare con gli avanzi, si potrebbe imparare a cucinare in modo da non produrne, preparando quanto basta. In fondo, si tratta solo di agire pensando a quello che si fa, applicando un po’ di razionalità», riflette Alberto.