Forse non molti ancora lo sanno, ma a Gazzada Schianno, nella splendida Villa Cagnola che è sede di due prestigiose istituzioni di respiro internazionale (l’Istituto superiore di Studi religiosi e la Fondazione Ambrosiana Paolo VI), è custodito uno dei più importanti musei d’arte privati del nostro Paese.
Fondi oro toscani, dipinti del Rinascimento lombardo, vedute venete del Settecento, con una carrellata di artisti da mozzare il fiato: Bernardo Daddi, Antonio e Bartolomeo Vivarini, Jacopo Bellini, Ercole de’ Roberti, Bernardino Luini, Bergognone, Butinone, Francesco Guardi… E poi ancora sculture del Solari e del Giambologna, del Fantoni e del Bernini, del Leoni e del Della Porta. Ma anche mobili, arazzi, maioliche e porcellane delle più raffinate manifatture europee. Per non parlare di una raccolta di ceramiche orientali unica nel suo genere. Insomma, una collezione di eccezionale valore, che merita assolutamente di essere meglio conosciuta e riscoperta.
E l’occasione può offrirsi proprio oggi, con la presentazione di una delle gemme più preziose del tesoro di Villa Cagnola: la Croce Lascaris, uno straordinario capolavoro d’arte sacra del XVI secolo di tradizione bizantina che per la prima volta viene esposto al pubblico. Un evento che, sotto il titolo Il segno della Croce. Al cuore della fede cristiana e dell’Anno Costantiniano, si inserisce nello spirito delle celebrazioni diocesane per i 1700 anni dell’Editto di Milano sulla libertà religiosa, con una proposta culturale di alto profilo, anche in virtù del suo contenuto pressochè inedito. Come a dire, una scoperta nella scoperta.
La Croce Lascaris è un’opera in legno di bosso alta circa 45 centimetri. Finemente intagliata su tutta la sua superficie con scene dell’Antico e del Nuovo Testamento, è formata da una parte superiore a forma di vera e propria croce e da una parte inferiore che ha l’aspetto e la funzione di piedistallo. Piedistallo che riprenderebbe l’idea stessa del Monte Calvario e, nello specifico, le scale che a Gerusalemme conducevano in cima ad esso.
Monumentale nell’aspetto, nonostante sia alta poco più di 45 centimetri, la croce era destinata a essere esposta su un altare alla devozione dei fedeli, secondo una tradizione greca-ortodossa che sarebbe legata al Monte Athos.
Si tratta in ogni caso di un lavoro di notevole livello qualitativo, tale da far pensare a una commissione di grande prestigio destinata a un importante centro religioso dell’area bizantina o quale dono per una corte principesca europea. Purtroppo nulla si sa, allo stato attuale, di come il manufatto sia giunto a Gazzada, sebbene si possa almeno ipotizzare che sia stato acquisito sul finire dell’Ottocento dallo stesso conte Cagnola, raffinato collezionista, probabilmente sul mercato antiquario.
Di croci simili, per lavorazione, dimensioni e impostazione, se ne conoscono una quarantina, sparse in diverse collezioni pubbliche e private in vari Paesi, databili tra il XV e il XVII secolo: assai vicine all’esemplare varesino sono quella conservate nel Museo di Palazzo Venezia a Roma (già proveniente dal Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo) e quella custodita presso il palazzo comunale di Sant’Oreste, sempre a Roma.
Questa Croce di Villa Cagnola reca sotto la base un’iscrizione con la data, gennaio 1583, e la firma del suo esecutore, Giorgio Lascaris. Nome a cui sono attribuite altre sette opere dello stesso genere, tanto da indicarlo come un artista specializzato proprio nella creazione di questa tipologia di manufatti. Ciò nonostante, di questo Lascaris non si sa pressoché nulla, al di là del fatto che dovette essere attivo nella seconda metà del Cinquecento e che forse appartenne a una famiglia di artisti che, con lo stesso nome, lavorarono a Cipro, a Creta e anche a Venezia, dopo la diaspora avvenuta in seguito alla caduta di Costantinopoli da parte dei turchi nel 1453. Essendo tuttavia l’opera con la data più tarda da lui firmata, resta la suggestione che la Croce di Gazzada possa essere l’ultima realizzata da Giorgio Lascaris, quasi una sorta di suo “testamento” artistico e spirituale, come anche una maggiore maturità e un più armonioso equilibrio di certi dettagli lascerebbe supporre…
Tuttavia un’attenta osservazione della patina superficiale dei legni, sebbene non si sia ancora potuto procedere a un’analisi scientifica, sembra indicare che la parte superiore potrebbe essere stata realizzata da una mano diversa rispetto a quella inferiore, seppur in tempi non distanti.
Sono ben 52 gli episodi biblici raffigurati in questo mirabile lavoro di intaglio, elegantemente “incorniciati” o inseriti in complessi elementi architettonici, sempre con un gusto miniaturistico che ha del virtuosistico.
Sulla croce si stagliano, su lato frontale, scene della vita di Cristo, dall’ingresso a Gerusalemme al tradimento di Giuda, dalla Crocifissione all’Ascensione; sul retro, invece, si ritrovano anche riferimenti a Maria, con una incantevole Natività e, nel posto d’onore, la Dormitio Virginis.
Il piedistallo, che ha base ottagonale ed è diviso in cinque registri priramidali, appare ancora più fittamente lavorato, con scene tratte in particolar modo dalla Genesi e dall’Esodo, dalla creazione di Adamo (immagine di semplice quanto spettacolare efficacia!) fino a Mosè che riceve la Legge.
Ci troviamo, insomma, di fronte a un vero e proprio percorso per immagini della storia della Salvezza dell’uomo, dalla sua creazione alla caduta, dall’alleanza mosaica alla redenzione per mezzo della morte e resurrezione di Cristo e attraverso la sua incarnazione in Maria. Un programma straordinario per intensità e complessità che, nel segno della Croce, ci rimanda al cuore stesso della nostra fede.