Boom di iscritti all’ora di religione. «In due anni abbiamo recuperato 10 mila adolescenti – dice con orgoglio don Michele Di Tolve -, un dato che ci conforta e per il quale vogliamo impegnarci ancora di più». Gli insegnanti della scuola secondaria di secondo grado si sono messi in profonda discussione per migliorare la loro formazione, la didattica e aumentare l’attenzione verso i ragazzi. Anche la formazione sta dando i suoi frutti «perché ogni insegnante può lavorare con gli altri e migliorare il lavoro di tutti». Non va sottovalutato neppure il lavoro di sensibilizzazione svolto dai sacerdoti: in oratorio infatti si è ricominciato a parlare di scuola e del valore dell’insegnamento della religione cattolica.
«Le famiglie – spiega Di Tolve – mi hanno chiamato in tante parrocchie a parlare della valenza culturale ed educativa dell’Irc e ora i genitori hanno preso coscienza che è triste non sfruttare questa opportunità». Inoltre, «abbiamo fatto alcuni interventi presso l’Ufficio scolastico regionale là dove la normativa non veniva rispettata, dimostrando che questo creava un danno alle iscrizioni all’insegnamento della religione».
«L’Irc favorisce soprattutto quella ricerca di unità del sapere che l’eccessiva disciplinarizzazione rischia di dimenticare», spiega Di Tolve. «È un percorso che permette di capire il patrimonio di valori e il contributo che i principi della religione cattolica danno concretamente al popolo italiano, alla civiltà e alla cultura».
«Infine non va dimenticato il grande lavoro interculturale che l’Irc pone nella scuola. Non basta dire: ci sono tante religioni e tante culture una accanto all’altra, la sfida è fare in modo che possano dialogare tra loro. E l’aspetto bello è il confronto con la persona di Gesù, con il suo operato e con quello che i discepoli hanno creato nella storia. Questo crea interreligiosità e intercultura, perché io non posso parlare di Gesù
Cristo senza parlare della sua appartenenza ebraica, non posso parlare di Gesù Cristo senza parlare del contesto romano e greco in cui il cristianesimo è nato e si è sviluppato, non posso parlare di Gesù Cristo senza il confronto con l’Islam fino ai giorni nostri».
«Il vero problema oggi è che il ragazzo non ha voglia di studiare quando non ha capito perché deve farlo e per chi. In ultima analisi: perché vivere, per chi vivere. Io credo che l’Irc, unitamente alle altre discipline, deve arrivare a porre queste domande esistenziali, altrimenti i ragazzi riterranno che la scuola non serve per diventare grandi. E questo sarebbe un grave danno per la nostra società».