Quella con protagonista la famiglia del sarto è una delle pagine più rimarchevoli dei Promessi Sposi. Ricordate? La vivacità dei bambini, la gioia mista a timore di Lucia liberata, l’entusiasmo del sarto in quella domenica davvero speciale, per aver incontrato un uomo di Dio come il cardinale Federico Borromeo… E mentre tutti sono riuniti attorno alla mensa, nella serenità della festa, il pensiero va improvviso, ma come naturalmente, anche a chi è meno fortunato, alla vedova Maria, per condividere quel po’ di gaiezza, quel tanto di abbondanza. «Ma con buona maniera – si raccomanda il padre al figlio che sta per portare il dono -; che non paia che tu le faccia l’elemosina…».
Un’atmosfera, questa evocata dal Manzoni, che ritroviamo in tutte le sue sfumature nella bella mostra inaugurata presso il Refettorio delle Stelline a Milano che ha per tema proprio la famiglia, così come è stata rappresentata e ritratta nel mondo occidentale in otto secoli di cammino artistico, dal gotico al postmoderno, da Pietro Lorenzetti a Picasso. Dove ci viene mostrato per immagini, e quindi per sensazioni ed emozioni, come l’essere famiglia sia sempre stato innanzitutto aprirsi al mondo intero, accogliere, donare, in un amore che mentre sembra frazionarsi al contatto con gli “altri”, moltiplica all’infinito le sue energie. In una «Vita condivisa», appunto, che è il titolo felice della rassegna.
Non è un caso, ovviamente, che una simile mostra sia proposta proprio oggi, e nella metropoli lombarda. In quella città, cioè, che fra pochi giorni ospiterà il VII Incontro mondiale delle famiglie e papa Benedetto XVI che l’ha fortemente voluta. È un modo, e fra i più suggestivi, per cominciare a riflettere sui grandi temi che questo raduno internazionale vuole riportare alla ribalta, a partire dalla famiglia, appunto, nella declinazione in particolare del lavoro e della festa. E lo fa, questa mostra ideata dal Crea (il centro di ricerca per l’educazione attraverso l’arte dell’Università Cattolica di Milano), grazie a una sessantina di opere selezionate fra alcuni dei più prestigiosi musei italiani e con il contributo delle raccolte vaticane, in un percorso che si snoda fra sacralità e vita sociale, fra antichità e tempi moderni, fra miti e quotidianità, stimolando, incuriosendo, spiegando.
Della famiglia quella di Nazareth è sempre stata vista come un archetipo. L’obbedienza consapevole di Giuseppe, la serena docilità di Maria, il mistero di un Figlio incarnatosi per amore. Ma anche la fatica del lavoro, le sofferenze serbate di una madre. Quanti artisti hanno cercato di dare segno e figura a tutto ciò in duemila anni di cristianesimo. Come l’acuto Moretto, in questa mostra milanese. Come l’inquieto Rouault. Come l’austero Sironi, con la sua famiglia arcaica e sacra, terragna eppure già spirituale.
Ed è la maternità la sintesi estrema di questa accoglienza. Il primo sì ad una vita che nasce, seme famigliare gravido di promesse. Maria ancora una volta ne è il modello. Come la Vergine trecentesca di Bonino da Campione, nel suo latteo biancore di marmo. Come la Madonna che abbraccia l’umanità intera nella sua materna misericordia, simbolo ancora di chi si impegnò, ad esempio, a dare una “casa” ai fedeli ambrosiani, come la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. Ma davvero santa è anche la mamma dipinta da Silvestro Lega, che colma col suo sguardo la creatura cullata fra le braccia. E davvero purissima è la madre di Gino Severini che porge il seno al suo pargolo, tenerezza infinita di infinite giornate…
E tuttavia la vita della famiglia non è soltanto letizia, l’amore fra un uomo e una donna non è unicamente ebrezza. C’è anche il tempo del dolore, il momento della prova. La Kollwitz, con le sue intense incisioni in bianco e nero, ci rammenta anche in questa rassegna le ferite dell’esistenza, i lutti tragici, le umane miserie. E i volti incantevoli dei bambini di Emilio Longoni ci commovuono, ma non riescono a farci dimenticare i loro abiti stracciati, di povera, poverissima gente.
Eppure la c’è, la Provvidenza, direbbe ancora il Manzoni. Quella Provvidenza che agisce misteriosamente ma che chiede la collaborazione degli uomini di buona volontà: quelli, ad esempio, che ebbero l’intuizione e la forza di creare secoli fa proprio questo luogo di ricovero per le orfanelle, le Stelline appunto, dove oggi significativamente la mostra è stata allestita. Dando una famiglia, cioè, a chi una famiglia non l’aveva più. Per crescere con dignità e continuare a sperare.