Giorgio Galli e Daniele Vittorio Comero in questo agile e bel volume smentiscono l’assioma che parlare di sistema elettorale significa sviare l’attenzione dal fallimento di strategie politiche e operano un primo bilancio storico della democrazia elettorale italiana ,proponendo, tentativo rischioso e improbo, un sistema elettorale non lesivo della sovranità popolare. L’inderogabilità dell’argomento, anche per chi come lo scrivente sia di formazione paretiana poco disposta a dar troppo credito alle ritualità demo parlamentari, risulta di tutta evidenza dalle brucianti attualità spreadistiche e di un superficiale accostamento Italia-Spagna.
Il corpo del testo si articola su un capitolo di Giorgio Galli a mo’ d’introduzione ,un lungo e articolato excursus sulle vicende elettorali italiane, specie della seconda repubblica, non senza richiami a simbologie esoteriche o a vicende di densità misterica, di Davide Vittorio Comero, di un commentario politico 2010-11 ancora di Galli e una conclusione a quattro mani degli autori con la proposta” sogno-utopia” di un nuovo sistema elettorale a forte contenuto democratico di chiaro significato antioligarchico.
La difesa della sovranità dell’elettore e della democrazia rappresentativa , patrimonio di lungo periodo della monumentale opera di Galli, è la bussola che porta il decano dei politologi italiani a ridurre il “caso Berlusconi” alla categoria REFERENDUM IMPROPRIO, utile per evitare drammatiche ,ripetitive , sterili superfetazioni valutative, ma insufficiente a seguire l’alternarsi delle vicende in cui notiamo un supervalore aggiunto incomprensibile attribuito ad alcuni protagonisti, ritenuti addirittura capaci di una revisione rifondativa di tutta l’universa “destra”italiana con un ritorno proficuo al “diciannovismo” .Più adeguata e utile ci sembra la notazione pessimistica sulle capacità di azione, anche parlamentare, dello schieramento antiberlusconiano, non senza una supervalutazione, quasi da drammaturgia elisabettiana ,del cavaliere nero. Altissimo rimane in ogni caso il contributo di Galli al dibattito in corso, anche se rimane un senso di mancata pienezza alla scorsa della “Dialogica seconda”.
.Forte di una ferrata capacità d’analisi statistico-politica, comprovata anche da vicende esistenziali sul campo, Davide Vittorio Comero rende chiari e valutabili i meccanismi elettorali dal 1947 in poi, non senza genealogicamente riferirsi al parto originario del discusso referendum del ‘46,verificarne la funzionalità e l’impatto sul potere politico dei partiti e delle oligarchie politiche al fine di aprire una nuova fase a maggior valenza democratica. Curiosa e apprezzabile la deviazione simbologico-esoterica che tende a comprovare la priorità rovesciata di chi “conta”rispetto a chi vota premessa a tutta l’analisi successiva.
Piacevole e utile storicamente il capitoletto sulla legge del ’53 e la caduta di De Gasperi, il destino “cinico e baro” che avviò una quarantennale politica correntizia in cui proporzionale pura e articolo 49 sostennero la forza della “partitocrazia. Profondi e pienamente condivisibili i rilievi sui referendum del ’93 e l’avvento del “Mattarellum”con la curiosa e ricorrente presenza di “perdenti “di successo come Segni e Parisi cui si devono storiche e piacevolmente “democratiche” desistenze”.
Unica, a mia conoscenza, la articolatissima disamina delle vicende delle elezioni provinciali con il richiamo al primo vero default del centro-destra a Milano con l’avvento sequenziale dei “sestesi”, analisi da approfondire e comparare alle comunali del 2011 con visione più organica .Di tono simile ,ma più noto, l’excursus sul Tatarellum delle regionali e le regionali 2010 antefatto alla parabola finiana.
Il centro del volume rimane l’analisi del PORCELLUM nell’atto dell’elezione 2006 con annessa notte dei brogli e valutazione divergente dei due autori(più convincente per mancanza di pregiudizi quella di Comero) ,della fine del governo Prodi e delle elezioni del 2008.
Comero ha il merito di evidenziare i nomi e le responsabilità dei veri padri del porcellum contro le varie leggende nere, anche se pare sopravvalutare le capacità di una classe politica, così sgangherata e smandrappata, da rendere quasi impossibile l’idea che possa trasformarsi seppur lontanamente, in casta o oligarchia. Più prosaicamente bisognerebbe indagare i motivi per cui i “peggiori” ”si dedicano alla cosa pubblica non solo in Italia, ma in tutto l’Occidente. Che alla fine abbia, in ritardo, ragione Spengler?
Sulle proposte condivisibili per il futuro c’è una POSSIBILITA’: ”OTTIMISMO DELLA VOLONTA’,PESSIMISMO DELLA RAGIONE”.