Un Paese dove si spendono circa 1.260 euro procapite, neonati compresi, per tentare la fortuna che possa cambiare la vita tra videopoker, slot-machine, gratta e vinci, sale bingo. E dove si stimano 800 mila persone dipendenti da gioco d’azzardo e quasi 2 milioni di giocatori a rischio. Un fatturato legale stimato in 76,1 miliardi di euro, a cui si devono aggiungere i 10 miliardi di quello illegale. È “la terza impresa” italiana, l’unica con un bilancio sempre in attivo e che non risente della crisi. Libera ha presentato oggi, a Roma, il dossier Azzardopoli, il Paese del gioco d’azzardo, dove quando il gioco si fa duro, le mafie iniziano a giocare, curato da Daniele Poto.
I giochi delle mafie
Da Chivasso a Caltanissetta, passando per la via Emilia e la Capitale, sono 41 i clan che gestiscono “i giochi delle mafie”: dai Casalesi di Bidognetti ai Mallardo, da Santapaola ai Condello, dai Mancuso ai Cava, dai Lo Piccolo agli Schiavone. Le mafie sui giochi di fatto si accreditano ad essere l’undicesimo concessionario “occulto” del Monopolio.
Sono 10 le Procure della Repubblica direzioni distrettuali antimafia che nell’ultimo anno hanno effettuato indagini: Bologna, Caltanissetta, Catania, Firenze, Lecce, Napoli, Palermo, Potenza, Reggio Calabria, Roma. Sono invece 22 le città dove nel 2010 sono state effettuate indagini e operazioni delle forze di polizia in materia di gioco d’azzardo con arresti e sequestri direttamente riferibili alla criminalità organizzata. Ad Azzardopoli i clan fanno il loro gioco. Infiltrazioni delle società di gestione di punti scommesse, di sale bingo, che si prestano in modo “legale” a essere le “lavanderie” per riciclaggio di soldi sporchi. Imposizione di noleggio di apparecchi di videogiochi, gestione di bische clandestine, toto nero e clandestino. Il grande mondo del calcio scommesse, un mercato che da solo vale oltre 2,5 miliardi di euro. Le scommesse delle corse clandestine dei cavalli e del mondo dell’ippica. Sale giochi utilizzate per adescare le persone bisognose di soldi, che diventano vittime dell’usura. Il racket delle slotmachine. E non ultimo quello dell’acquisto da parte dei clan dei biglietti vincenti di lotto, superenalotto, gratta e vinci da normali giocatori, pagando un sovrapprezzo che va dal 5 al 10%: una maniera “pulita” per riciclare il denaro sporco. Esibendo alle forze di polizia i tagliandi vincenti di giochi e lotterie possono infatti giustificare l’acquisto di beni e attività commerciali ed eludere i sequestri.
Un settore mai in crisi
Il sistema dei giochi d’azzardo in l’Italia è un settore che offre lavoro a 120 mila addetti, muove gli affari di 5.000 aziende, grandi e piccole, e mobilita il 4% del Pil nazionale. Con 76,1 miliardi di euro di fatturato legale l’Italia occupa il primo posto in Europa e il terzo posto tra i Paesi che giocano di più al mondo. «Per rendere l’idea – commenta Libera – 76,1 miliardi sono il portato di quattro Finanziarie normali, una cifra due volte superiore a quanto le famiglie spendono per la salute e, addirittura, otto volte di più di quanto viene riversato sull’istruzione». Se si analizzano gli ultimi dati riferiti ai mesi di ottobre e novembre 2011, il primato per il fatturato legale del gioco spetta alla Lombardia con 2 miliardi e 586 mila di euro, seguita dalla Campania con 1 miliardo e 795 mila euro. All’ultimo gradino del podio il Lazio con un miliardo e 612 mila euro. Soldi che girano grazie alle 400 mila slot-machine presenti in Italia, una macchinetta “mangiasoldi” ogni 150 abitanti. E Roma è da primato nazionale: 294 sale e più di 50 mila slot-machine distribuite tra città e provincia.
Danno sociale
Per don Luigi Ciotti, presidente di Libera, il gioco d’azzardo produce «un danno sociale, ma anche umano». Infatti, secondo una ricerca nazionale sulle abitudini di gioco degli italiani del novembre 2011, curata dall’associazione “Centro sociale Papa Giovanni XXIII” e coordinata dal Conagga (Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo), in Italia ci sono 1 milione e 720 mila giocatori a rischio e ben 708.225 giocatori adulti patologici. Libera propone, perciò, di «definire e approvare una legge quadro sul gioco d’azzardo, affinché lo Stato recuperi il governo e la programmazione politica sulle attività di gioco d’azzardo; limitare i messaggi pubblicitari e di marketing sul gioco d’azzardo; promuovere iniziative di sensibilizzazione ai rischi collegati al gioco d’azzardo attraverso campagne d’informazione alla cittadinanza; recepire l’indicazione dell’Organizzazione mondiale della sanità che vede nel gioco d’azzardo compulsivo una forma morbosa chiaramente identificata e che può rappresentare, a causa della sua diffusione, un’autentica malattia sociale; consentire ai giocatori d’azzardo patologici e ai loro familiari (oggi abbandonati a se stessi), il diritto alla cura, diritto al mantenimento del posto di lavoro, diritto di usufruire dei benefici di legge».
Per quanto riguarda la prevenzione e il contrasto dei fenomeni d’illegalità nel mercato dei giochi, Libera «sollecita l’elaborazione di norme tese a rafforzare e rendere più efficaci, anche attraverso la previsione del delitto di gioco d’azzardo».