La cosiddetta “legge sui minori non accompagnati”, approvata il 29 marzo dal Parlamento, è volta a proteggere i minori stranieri che arrivano in Italia soli, senza famiglia, che non potranno quindi più essere respinti, ma dovranno essere considerati prima di tutto minori, vedendosi riconosciuti gli stessi diritti dei bambini e ragazzi italiani e europei.
La normativa riguarda un numero imponente di ragazzini, visto che nel solo 2016 sono stati oltre 25 mila i minorenni arrivati soli nel nostro Paese. Finora accadeva che fossero i servizi sociali del Comune di “sbarco” a prenderli in carico in strutture di prima accoglienza; ma spesso l’approccio di emergenza, soprattutto nel caos dato dai grandi numeri, lasciava i più piccoli abbandonati a loro stessi. Non a caso, oltre 6 mila minori tra quelli “arrivati e censiti” oggi non si sa dove siano finiti: forse hanno proseguito per altri Paesi, forse sono sul territorio italiano in condizioni di illegalità, forse sono caduti vittime di tratta o di sfruttamento.
La nuova legge impone invece un’attenzione particolare ai minorenni. «Questa nuova legge è molto importante perché riconosce il minore come minore, e non come straniero – spiega Gabriella Bartolomeo, in questa occasione portavoce del progetto Emergenze Sostenibili, di cui fa parte anche il Consorzio Farsi Prossimo, con le sue cooperative Farsi Prossimo e Intrecci -. Di conseguenza, prevede una serie di attenzione e strumenti che possano tutelarlo in modo particolare. Questo è un cambio di prospettiva importante, è una vera e propria scelta di campo». Una visione ribaltata, per cui i ragazzini sono ragazzini e vanno trattati come tali, a prescindere dalla loro nazionalità.
Ma nella pratica cosa cambia? «Nella pratica richiederà di pensare a percorsi differenziati rispetto agli adulti, prevedendo una maggiore tutela, forme di accoglienza separate e distinte dagli adulti, percorsi facilitati che possano portare più velocemente il minore a una accoglienza più stabile e più adatta».
C’è poi l’approccio al tema, che diventa nazionale, e non è più lasciato ai singoli territori. «Finalmente si ragiona sulla questione con un pensiero nazionale, non più locale: questo potrà facilitare collaborazioni e sinergie tra Comuni di tutta Italia e tra territori diversi – continua Bartolomeo -. Sappiamo che i ragazzi percorrono anche tutta la penisola, si spostano in diversi luoghi: avere lo stesso riferimento normativo dedicato può facilitare le sinergie, evitare percorsi frammentati e le ripetizioni di stessi interventi con gli stessi ragazzi».
Infine, l’introduzione della figura del tutore volontario… «Un altro tema che a noi stava a cuore era proprio la possibilità della figura del tutore volontario nei tribunali per minorenni: ora i ragazzi potranno avere una figura che sia subito di riferimento per loro. Questa tutela è stata finora un nodo critico, ed è invece per i minori assolutamente indispensabile».
«Questa legge ci sembra un passo avanti significativo, fatto con la volontà di affrontare temi scottanti e di rilevanza strategica: per esempio la ristrutturazione del sistema Sprar come via ordinaria e prioritaria di accoglienza o quello dell’accertamento dell’età anagrafica del ragazzo, e quello della tutela – sulla stessa linea Giovanni Carrara, presidente del Consorzio Farsi Prossimo. – Importante anche l’apertura ai tutori volontari: un approccio che apre prospettive su punti cari alla sensibilità Caritas, quali le famiglie d’appoggio e una maggiore integrazione dei minori nel tessuto sociale e comunitario di riferimento».
«Certo per ora è solo una legge, aspettiamo di vedere quali saranno le indicazioni precise dei decreti attuativi, come si darà poi sostanza a questa normativa. L’impostazione sicuramente ci trova favorevoli, ora attendiamo la declinazione operativa e concreta», è l’aspettativa di Gabriella Bartolomeo. Mentre Carrara sottolinea che «qualche rischio, tuttavia, c’è. Occorre vigilare con attenzione perché, contrariamente alle intenzioni del legislatore, non si crei di fatto una lex specialis che faccia prevalere l’essere “straniero” sull’essere “minore” nella disciplina della materia».