Abbigliamento, vacanze e oggetti per la casa. Spese superflue a picco per le famiglie milanesi. Secondo l’indagine promossa dalla Camera di Commercio e dal Comune di Milano sui consumi nel capoluogo lombardo, realizzata dall’istituto Ispos, sette famiglie italiane su dieci sono preoccupate per una spesa imprevista di 10 mila euro, una cifra che riuscirebbe ad affrontare solo l’1% degli stranieri. Mentre il 56% degli italiani non riesce a risparmiare. Il 74% delle famiglie cerca inoltre di arginare gli effetti della crisi ricorrendo a sconti e offerte speciali o preferendo gli acquisti on line.
A stare peggio sono soprattutto gli stranieri. Tra loro, infatti, il 27% ha diminuito la spesa con tagli trasversali su tutte le categorie di beni, compresi alimentari e medicinali. Pochi anche quelli che hanno una casa di proprietà: solo il 18%, contro il 70% degli italiani. E che usano la moneta elettronica: solo un terzo, contro i due terzi degli italiani. Forse perché tra gli immigrati ci sono poca propensione al contro corrente e la necessità di tenere le spese sotto controllo.
Gli italiani, invece, preferiscono tagliare su abbigliamento (51%), vacanze (43%), apparecchiature e servizi domestici (41%), mobili (37%), beni e servizi per il tempo libero. Si scelgono gli hard discount piuttosto che i supermercati e per il 17% proprio i negozi low cost sono diventati canale di acquisto abituale. Mentre tutte le famiglie puntano su risparmio energetico e riduzione degli imballaggi per tagliare i costi. E così anche le scelte diventano più etiche: uso di auto elettrica, acquisto di prodotti equo solidali e a chilometro zero sono preferiti dal 40-50% delle famiglie italiane.
Un quadro particolarmente negativo e ancora lontano da spiragli di ottimismo. «Questi dati confermano un quadro molto preoccupante – commenta Cristina Tajani, assessore alle politiche per il Lavoro, Università e Ricerca del Comune di Milano -. I segni della crisi economica che stiamo attraversando fanno segnare un drastico calo dei consumi soprattutto in settori come abbigliamento e calzature, ma ancor più preoccupante nel settore delle spese sanitarie e della cultura. Oggi per gli enti pubblici la priorità è mettere in atto politiche anticicliche di crescita a sostegno della domanda interna. Occupazione e lavoro devono essere prioritari a livello locale e nazionale».