«Sono molto lieto di questa bella iniziativa che è espressione di uno dei “fondamentali” della vita delle nostre comunità, l’approfondimento dell’amore e della presenza centrale di Cristo» .
Dice così il cardinale Scola che conclude, con una lezione magisteriale, il Convegno a “Trent’aanni dalla morte di don Giovanni Moioli”, teologo di Vimercate e figura fondamentale negli studi e nella teologia della Chiesa ambrosiana recente.
E parte, l’Arcivescovo, da “Teologia e Santità”, celebre titolo di un articolo del 1952 di Hans Urs Von Balthasar in cui il grande studioso definì «”personalità totali” i Padri della Chiesa volendo indicare il carattere specifico e unitario di vite capaci di intrecciare indissolubilmente pastorale e teologia. Padri interpreti delle Scritture, ma dediti fino in fondo al popolo santo di Dio». E, questo, perché, evidenzia Scola, «essi avevano còlto l’unità originaria di Gesù Cristo».
E se, come notava sempre Von Balthasar, «la perdita del nesso tra l’intelligenza della fede e la spiritualità è stato il peggiore disastro prodottosi nella storia della Chiesa», occorre recuperare tale legame, come appunto seppe fare, «in modo affascinante don Moioli con afflato insieme teologico e pastorale».
«La sua immatura scomparsa non gli permise di sviluppare a pieno la ricerca teologica, ma la lettura dei suoi numerosi articoli, lascia vedere chiaramente – continua il Cardinale – una di quelle personalità totali di cui parlava Von Balthasar».
L’invito è a guardare allo “stile teologico” moiolaiano «perché don Giovanni esprime uno stile proprio che ancora non è stato e del tutto assimilato: quello dell’uomo che, lasciatosi attrarre da Cristo, diventa testimone attraverso il proprio essere, il proprio agire e pensare».
Laddove «i santi, nel proprio tempo, sono coloro che hanno corrisposto a questo dono per il bene della Chiesa e del mondo intero, possiamo dire che attraverso loro saremo portati a lasciarci coinvolgere sempre più dall’incontro con Cristo»
Questo Moioli testimonia: «l’importanza dell’unita della persona e della comunità», conclude l’Arcivescovo.
Insomma, «un teologo orante e amante», un vero maestro «che ha vissuto con abbondanza il dono dello Spirito, essendo per intero uomo spirituale e per questo ha potuto parlarne». «un amico troppo presto tornato all’incontro con il Padre», «un sacerdote dall’umanità forte, con lo sguardo acceso e il sorriso mite», «la cui lezione non è stata ancora del tutto eseguita».
Sono tante, così, le definizioni che si rincorrono anche nella memoria di chi lo ha conosciuto da vicino, come allievo, collega, confratello e che, nel Convegno a trent’anni dalla morte, non ha voluto mancare alla partecipatissima e doverosa memoria di don Moioli.
A Vimercate, dove egli era nato nel 1931 e morì il 6 ottobre 1984, si è svolto, infatti, l’incontro di studio a lui dedicato e aperto dal parroco e Decano di Vimercate, don Mirko Bellora che usa parole commosse per il suo antico insegnante di Teologia in Seminario. Gli fa eco Dora Castenetto, responsabile del “Centro Giovanni Moioli” per lo Studio della Teologia Spirituale: «Egli ha vissuto con abbondanza il dono dello Spirito, conformandosi a Cristo e insegnando anche a noi a vivere un’esistenza secondo Gesù, senza mai perdere il senso della nostra finitezza a povertà».
Poi il ricordo più personale: «in don Giovanni non è mai venuta meno la ricchezza della sua umanità e ha testimoniato anche così che lo “spirituale” non cancella l’umano, ma anzi lo vivifica e lo rafforza».
E proprio de suo essere sempre «in Cristo», come «lezione», parla il preside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, mons. Pierangelo Sequeri che gli fu collega e amico. «Questa sua lezione, tuttavia, in due punti fondamentali non è stata ancora eseguita», spiega subito. «L’intuizione circa la necessità di fondamento della fede nella cristologia di Gesù non è recepita ancora oggi».
Il secondo elemento è, appunto, l’unicità di Gesù Cristo.
«Moioli diceva “se vogliamo onorare la bellezza della nostra fede si deve imparare il modo unico con cui Gesù è stato Figlio di Dio”. Forma e contenuto, qui, sono lo stesso poiché esiste un solo modo di essere figlio di Dio».
Da qui il monito per tutti: «Mai stancarsi di rimanere accanto a Cristo per vedere come si è figli di Dio. Se non si è davanti a Gesù e non si continua a guardarLo si perde anche il contenuto dell’esperienza cristiana autentica. Seguire Gesù è farsi “trovare”».
Criterio – questo – letterale e non metaforico della vita cristiana» e in tale richiamo risiede anche, suggerisce Sequeri, la profondità del pensiero religioso di don Moioli: «la sua bella battaglia fu far comprendere che Cristo non è un principio supremo a cui noi umani dobbiamo dare concretezza e forma, ma è Lui la concretezza».
Un “permanere” nel Signore evidenziato con particolare suggestione da monsignor Peppino Maffi, responsabile della Formazione Permanete del Clero: «Moioli fu portatore di una viva scienza educativa, con attenzione per il vissuto di coloro che lo ascoltavano e con il desiderio primario di essere educati alla fede per educare alla fede. Aveva un amore smisurato per la Chiesa e un’umanità grande». Per monsignor Claudio Stercal, ordinario di Teologia Spirituale e curatore dell’Opera Omnia del teologo vimercatese, da lui presentata al Convegno, si tratta di rendere il giusto rinascimento a un teologo al quale «io, come molti altri, dobbiamo riconoscenza grande».
Da qui, il “perché” della pubblicazione (per ora dei due volume editi con Centro Ambrosiano e, in seguito, di altri dodici): «Un perché rivolto anche al futuro per chi non lo ha conosciuto personalmente, con la speranza e il desiderio che tutti possano avere facilmente accesso ai suoi scritti».