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Riflessione

Crisi del lavoro? Restano
l’impegno e la preghiera

Come cristiani sentiamo l’importanza di riunirci per pregare in un luogo di lavoro, dove quotidianamente migliaia di persone svolgono la loro attività. Senza l’ascolto del Signore e il dialogo con Lui, tutto tende a perdere di significato

di Walter MAGNONI Responsabile Servizio per la Pastorale sociale e il lavoro

28 Aprile 2013

«L’unica cosa che ci resta da fare è pregare!». Un’affermazione, questa, che si presta a facili equivoci. Sembra insinuare l’idea che l’orazione si debba relegare a ultimo baluardo, quando ogni altro tentativo è fallito. In realtà per il cristiano pregare è come respirare: senza lo spazio quotidiano di ascolto del Signore e di dialogo con Lui, tutto tende a perdere di significato. In tale orizzonte si pone la tradizionale Veglia per il lavoro che quest’anno vivremo martedì 30 aprile alle 20.45 presso l’Ortomercato di Milano e che sarà presieduta dal nostro Arcivescovo.

L’icona biblica che guiderà la Veglia sarà il famoso episodio del Vangelo di Luca in cui si narra di Gesù che si reca a casa di Marta e Maria. Abbiamo scelto un titolo provocatorio – «Perché t’affanni?» – che riprende il monito che Gesù rivolge a Marta. Solo una lettura superficiale del brano potrebbe insinuare il dubbio della poca considerazione che Gesù avrebbe del lavoro. In realtà la vita stessa di Gesù mostra la sua cura per un’operosità fattiva. Il senso delle parole di Gesù mi sembra sia piuttosto quello di mettere ordine, dando una gerarchia di valori.

Il nostro tempo pare guidato più dall’affanno di Marta che dell’ascolto di Maria. Vi è il rischio di lasciarci schiacciare da un materialismo legato anche alla contingenza della crisi, perdendo di vista l’orizzonte di senso dentro cui il cristiano è chiamato a guardare la vita. Sarebbe un errore pensare che la crisi in atto sia solo di carattere economico. Questo certo non toglie lo sforzo per uscire anche dalla fatica di un lavoro che si rende sempre più precario, ma la storia recente ha messo in luce la forza del vincolo famigliare per affrontare le insidie attuali. Per questo sullo sfondo vi è il rapporto tra famiglia e lavoro, già tematizzato all’Incontro mondiale delle famiglie, che verrà ripreso nella prossima Settimana sociale dei cattolici italiani.

Come cristiani sentiamo l’importanza di riunirci per pregare in un luogo di lavoro, dove quotidianamente migliaia di persone svolgono la loro attività commerciale e che è sempre più crocevia di razze e culture. Un luogo vivo, non privo di contraddizioni ma altamente simbolico. Il senso della veglia non è quello di amplificare le preoccupazioni per quello che la crisi sta generando e neppure ci preme attraversare la città con sguardo pessimista, vinti da un futuro che a tanti appare nero.

All’origine di questo momento vi è la consapevolezza che il Dio della storia non abbandona il suo popolo e che, anche nei tempi di prova, non si stanca di prendersi cura dei suoi figli. Da tutto ciò nasce la speranza che tornerà a splendere il sole anche in chi ora è avvolto solo dal grigiore della disoccupazione e della fatica dei giorni. Preghiera e impegno fattivo sono due componenti essenziali della vita del credente: l’una non esaurisce l’altra ed entrambe alimentano la fede. Parliamo tanto di lavoro, con linguaggio a tratti logoro di significati e vuoto di contenuti. Forse non preghiamo abbastanza per il lavoro e questa è l’occasione propizia per farlo insieme a tanti altri fratelli.