Raccogliere la sfida lanciata dalle parole del cardinale Scola. Farlo, senza nessuna attenuante, subito. Sono parole intense e che richiamano all’impegno personale nella comunità quelle che l’Arcivescovo di Milano ha pronunciato l’8 settembre secondo Giuseppe Zola, del movimento di Comunione e liberazione: «Il punto di sintesi sta proprio nell’aver focalizzato l’attenzione su quella comunità educante che da una parte si qualifica come il soggetto educatore, che è la Chiesa, e dall’altra sottolinea che della Chiesa fanno parte tutti, dall’Arcivescovo stesso ai sacerdoti, ai laici. Siamo un corpo unico, insomma».
La caratteristica «speciale» di questa comunità è quella di «guidare ogni persona verso la santità». Per Zola le parole dell’Arcivescovo sono «di enorme responsabilità per i laici. Da adesso in poi non ci sono scuse. Siamo stati spronati a buttarci per quello che siamo, a portare dentro la vita delle comunità la voce di questo laicato particolare». E per far comprendere che cosa intende per impegno cita una esperienza personale recentissima: «Siamo un gruppo di nonni che abbiamo deciso di unirci in una associazione, “Nonni 2.0”, per portare dentro la comunità la voce di questo laicato particolare».
Un tentativo, questo, di riallacciare i rapporti tra le generazioni: «Uno dei motivi della crisi educativa odierna è proprio il distacco tra le generazioni. Bisogna, invece, ricostruirne l’alleanza, attraverso la storia e le tradizioni che continuano». Proprio quella frammentazione dell’io di cui il cardinale Scola parla nella nota pastorale La comunità educante. Ma cosa vuol dire oggi per i laici camminare verso la santità? Secondo Zola «che la meta di Cristo è più forte della nostra debolezza. Più che la perfezione morale è la capacità di riprendersi sempre. Perché c’è un Altro che ci chiama».