1. C’è una parola da dire all’umanità?
In questa notte, noi radunati come un piccolo segno nella grande città, abbiamo una parola da dire alla gente, all’umanità? A questa umanità che non ha più stima di sé, a questa umanità che sembra aver smarrito la fiducia e la speranza, a questa umanità impaurita e smarrita, abbiamo una parola da dire?
Nella solenne introduzione alla veglia, il Preconio canta: «Padre Santo, Dio onnipotente ed eterno, tu ha consacrato la Pasqua per tutte le genti […] con il corpo e il sangue di Cristo». Le parole dunque si perdono nel vento: Dio invece opera la Pasqua e dichiara la sua alleanza senza pentimento con il sacrificio della nuova alleanza.
Questo dunque abbiamo da dire all’umanità: voi, uomini e donne, di questo tempo, anche se non avete stima di voi stessi, anche se sempre parlate male di voi stessi, ebbene, il Padre del Signore Nostro Gesù Cristo ha stima di voi, vi desidera amici, al punto che il Figlio Gesù si consegna nelle vostre mani per amarvi fino alla fine.
Questo abbiamo da dire all’umanità: fratelli e sorelle, anche se voi siete ostili gli uni verso gli altri, anche se cercate di farvi rispettare facendo paura gli uni agli altri, anche se ritenete indiscutibile che il più forte abbia ragione e che è realistico pensare che il potente domini sui deboli e che è inevitabile che i ricchi impoveriscano i poveri, Gesù, fratello nostro e Figlio di Dio, ha insegnato la via della mitezza per possedere la terra, ha scelto d’essere presente come un servo per rivelare lo splendore della gloria di Dio, e così ha deposto i potenti dai troni ed ha esaltato gli umili.
Questo abbiamo da dire all’umanità triste, all’umanità rassegnata alla morte, all’umanità impaurita di fronte al futuro: Gesù è entrato nella tristezza, nella paura, nell’angoscia, nella morte e la morte non ha potuto trattenerlo: «Non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso», voi cercate un morto, Gesù «è risorto».
2. C’è una parola da dire alla Chiesa?
Ma in questa celebrazione c’è una parola per la Chiesa, per la nostra Chiesa? Alla nostra Chiesa, che talora sembra intimidita di fronte al disprezzo e all’insofferenza del contesto in cui vive, alla nostra Chiesa che sembra talora esasperata, mortificata, stanca per l’indifferenza che la circonda, questo dice l’angelo della risurrezione: “Almeno tu, santa Chiesa di Dio, non aver paura dell’opera di Dio! Gesù è risorto: presto, andate ad annunciare l’improbabile, andate ad annunciare il compimento delle parole sante, andate ad annunciare la fonte inesauribile della gioia e della speranza! Andate ad annunciare che Gesù è risorto!”.
Alla nostra Chiesa, che sembra talora complessata dall’accusa di essere rimasta indietro, dalla persuasione di essere inattuale, dalla percezione di essere antipatica, questa è la parola da dire: “Andate, andate avanti: Gesù vi aspetta oltre, Gesù vi precede!”.
Alla nostra Chiesa, che talora si sente brutta, difettosa, inadeguata questa è la parola da dire: “Santa Chiesa di Dio, tu sei bella, non perché sei senza difetti, sei bella della bellezza dei santi, sei bella della bellezza del Risorto. Santa Chiesa di Dio, tu sei giovane, non perché non si vedano i segni della vecchiaia, ma tu sei giovane della giovinezza delle genti e delle Chiese giovani. Santa Chiesa di Dio tu sei feconda, non perché organizzata, efficiente, intraprendente, ma perché sei unita al Signore, principio di vita nuova, e perciò sei capace di generare ancora figli e figlie come attestano i catecumeni che in questa veglia ricevono i sacramenti dell’iniziazione cristiana”.
3. C’è una parola da dire ai catecumeni?
In questa solenne liturgia accogliamo la richiesta di alcuni fratelli e sorelle che chiedono di essere ammessi alla pienezza della comunione con la Chiesa ricevendo il Battesimo, la Confermazione e la Comunione. C’è una parola per i catecumeni in questa santa veglia?
Ai catecumeni, che hanno età differenziate, vengono da Paesi diversi, hanno vissuto storie personali uniche e si accostano all’evento con motivazioni diverse, la parola da dire è: “Entrate in una comunità chiamata ad essere un cuor solo ed un’anima sola, la singolarità di ciascuno è una vocazione alla comunione. Siete Chiesa insieme con tutti, Chiesa dalle genti”.
Ai catecumeni, che si domandano se riusciranno a perseverare in una vita santa, a rallegrarsi di essere presenze vive nelle comunità, la parola da dire è: “Non abbiate paura, ma abbiate pazienza; non pretendete servizi ma rendetevi disponibili per il servizio; non presumete delle vostre forze, ma accogliete la grazia del Signore Risorto, nostra vita e nostra speranza”.

